Artisti di San Donà

Vittorio Marusso - pittore (1867-1943)

Nacque il 17 giugno 1867 da una famiglia di scarse possibilità economiche. Fu avviato allo studio della pittura dopo che nell'ambiente scolastico fu rilevata la sua naturale propensione per l'arte figurativa, grazie anche al contributo del Comune. Infatti fu proprio l'Amministrazione Comunale d'allora, con un proprio provvedimento, a erogare un contributo attraverso il quale fu possibile avviare il giovane artista a frequentare l'Accademia di Belle Arti di Venezia.
A 16 anni si trasferì a Venezia e si iscrisse al Regio Istituto di Belle Arti, dove ottenne "per meriti speciali di vocazione artistica" la possibilità di studiare gratuitamente, vivendo ogni anno di borse governative. I maestri che incontrò nel corso degli studi (Pompeo Molmenti, Ettore Tito, Ludovico Cadorin e altri) espressero giudizi positivi sulle sue notevoli qualità di disegno, pittura a olio e capacità di trattare la figura.

Avrebbe avuto senza dubbio maggiori riconoscimenti e la possibilità di grandi affermazioni, se la sua educazione artistica non fosse stata interrotta da un grave difetto della vista, che lo costrinse ad abbandonare Venezia per tornare a San Donà di Piave. Portò con sé le medaglie, i premi, le menzioni onorevoli conferitegli “per voto collettivo” dalle Commissioni esaminatrici dell'Istituto negli anni scolastici che vanno dal 1882/83 al 1886/87.

A destra e sotto: Alberi
Ancora più sotto: Filare di Alberi

Tra la innumerevole produzione di Vittorio Marusso, vanno ricordate le pale d'altare che si trovano nelle chiese di Musile di Piave, di Passarella di Sotto, di Montemagré di Schio, nella cappella dell'Orfanotrofio di San Donà di Piave, ecc.

Negli anni Venti, neanche sessantenne, Marusso era già quasi cieco. E questa sua infermità lo rendeva irascibile, scontroso. Il pittore Gigi Mozzato che allora aveva ventidue anni e studiava presso il Liceo Artistico di Venezia, ogni sera, quando ritornava da Venezia, andava a prelevare il Marusso da un amico e lo accompagnava a casa.
Marusso portava occhiali con spesse lenti, che sembravano dei piccoli binocoli. Camminava a fianco del giovane fermandosi ogni volta che qualche ombra gli scorreva davanti agli occhi. Raggiunto lo studio si sentiva più sicuro e disinvolto nei movimenti. La sua stanza di lavoro era l'immagine della miseria, tanto era piccola e disordinata. Un solo balcone sempre aperto dava sul piazzale del Foro Boario (oggi Piazza Rizzo).
Un momento davvero drammatico in cui Mozzato capì quale grave tragedia rappresentasse per Marusso la cecità, la solitudine, fu quando, credendosi solo, il vecchio pittore prese a gridare che non ci vedeva più e, avvertita la presenza del giovane, si mise a piangere.

Il Piave

Ma il ricordo più caro, avrebbe raccontato il Mozzato, erano le passeggiate lungo il Piave con lui, aiutandolo a portare il cavalletto e la cassetta dei colori: "Davanti ad un tramonto Vittorio Marusso si fermava ad osservare l'immagine che tanto l'affascinava, quasi che fra questi due elementi della natura [NdC: il Piave e il tramonto] si instaurasse un dialogo che solo loro potevano capire.


Sopra e sotto, un tema che torna: Tramonto

Con poche pennellate metteva sulla tela quegli attimi: poche macchie di rosso, qualche tocco di verde, un punto luminoso dove il Piave rifletteva la luce del cielo. Poi, nello studio, completava il dipinto aggiungendo quello che della natura resta uguale, immutabile..."

Negli ultimi anni di vita la mole appesantita e i grossi occhiali schermati di nero, forati nel mezzo per concentrare la luce, segnarono la decadenza fisica di un uomo, orgoglioso nella sua giovinezza della sua prestanza fisica.

Nel 1940, a causa della cecità e della miseria in cui era ridotto, fu ricoverato nella casa di riposo cittadina “Monumento ai Caduti”, ora sede dell'Accademia d'Arte che porta il suo nome.
La notte del 29 novembre 1943, in piena guerra mondiale, al buio, cercò di raggiungere il bagno. Sbagliò percorso e si diresse verso l'atrio delle scale. Nell'oscurità cadde sbattendo la testa sui scalini di cemento e morì.