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San Donà aveva bisogno di un nuovo palazzo per il Tribunale? No. Eppure fu realizzato.
Un bel palazzo tondo, moderno, in vetro e cemento.
Non si era mai vista tanta brutta gente in via Trento. Prima la ditta Soim, poi Ape Srl di Padova, di Domenico Nico Finotti, furono bersaglio degli strali dell'opposizione,
in particolare del Pd con Michele Marangon, che aveva messo il naso negli ingarbugliati passaggi di proprietà
dei terreni contesi in via Trento.
Dopo il taglio del nastro e i primi disagi segnalati nella nuova struttura, che d'estate diventava un forno senza le tende per le ampie vetrate, la sede distaccata del tribunale iniziò a funzionare senza più lamentele o segnalazioni, salvo quelle degli uscieri che restavano al freddo per tutto l'inverno. Ma col tempo anche su quel versante tutto sembrò normalizzarsi. E tuttavia il simbolo dello spreco e della cattiva programmazione era lì; fintamente moderno; ridicolo. I governi di Silvio, che avevano portato l'Italia sull'orlo del disastro economico, imposero la
chiamata di Monti al governo e tra le prime cose da tagliare in un'ottica di razionalizzazione della spesa
ci furono le dispendiose sedi distaccate.
Poi, come da programmazione, arrivò la chiusura.
Il personale giudiziario, una ventina di persone tra impiegati, funzionari, cancellieri, magistrati, cominciò a chiedere
una cosa del tutto insostenibile, ossia che venisse almeno rispettato il contratto di affitto del Comune, fino al 2018.
Si lessero sulla stampa locale gli articoli lacrimevoli di cronisti da carta assorbente che denunciarono l'atmosfera "pesante": «il recapito delle lettere ha dato il colpo di grazia dopo tante incertezze. Dall'usciere ai cancellieri, tutti sentono vacillare il posto di lavoro nella tranquilla zona di San Donà che quattro anni [prima] quando fu inaugurata la sede, sembrava diventata la cittadella della giustizia tanto attesa nel Basso Piave dopo i tempi della ex pretura in viale Libertà. San Donà aveva avuto un Tribunale degno di questo nome. Magari non molto grande, con qualche difetto a livello di funzionalità, ma lo aveva conquistato. Nessuno resterà in ogni caso senza impiego, ma certo, come minimo, i vari impiegati e funzionari dovranno partire per Venezia tutti i giorni». In realtà la presenza di una sede staccata del tribunale a San Donà era sentita come necessaria e utile da una parte esigua, assai minoritaria della popolazione, quella che vive di cause e di tribunali, una parte che politicamente pesa e da sempre si schiera rumorosamente da una certa parte. Il sindaco e presidente della Provincia, Francesca Zaccariotto, responsabile con la sua Amministrazione della scelta politica di far costruire il palazzo a privati e poi di affittarlo dai medesimi a cifre considerevoli, cercò di far sentire la sua voce: «La battaglia non è terminata», disse in occasione dei trasferimenti del personale in vista della chiusura, «potrebbe trattarsi di una ricognizione del personale. Intanto puntiamo a tenere qui la sede fino al 2018, anche perché c'è un contratto da rispettare, firmato dal Comune di San Donà di cui dobbiamo rispondere e che ha avuto il consenso del ministero. Noi non demordiamo, San Donà ha bisogno di questa sede e tutti dovrebbero esserne consapevoli. Era vero, il contratto l'aveva firmato il Comune di San Donà, con quale vantaggio per la maggioranza della popolazione era sotto gli occhi di tutti. L'amministrazione successiva denunciò pubblicamente e risolse il contratto di affitto: un Comune serio si impegna ad affittare un palazzone per l'uso per cui è stato costruito, non per tenerlo vuoto, destinando a un privato una buona parte delle poche risorse comunali. Adesso il palazzone è là, vuoto, abbandonato, tentazione di sciocchi graffitari, monito e ricordo duraturo di vanagloria e discutibile amministrazione. Tra tanta desolazione una è la consolazione: non si vedono più in giro per la zona certe inqualificabili "facce da tribunale". |
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