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![]() 1919: desolazione e macerie
Palazzo Bastianetto
Don Mazzolari a San Donà Don Primo Mazzolari giunse a San Donà nel 1919. Nominato cappellano militare, alla fine del conflitto, nonostante avesse chiesto il congedo, gli fu negato: viene inviato a San Donà di Piave, per assistere i soldati che stavano cominciando a recuperare i corpi. Aiutato dai soldati americani aprì una casa del soldato e cercò di “curare” i reduci della guerra, culturalmente e spiritualmente. Uomini e macerie: era tutto da ritirar su. E se tirar su i primi si sarebbe rivelato difficile (il Fascismo sarebbe esploso di lì a pochi anni), la ricostruzione materiale mostrò maggiori successi. L'aspetto attuale degli edifici più importanti del centro storico di San Donà e l'assetto generale della città dipendono dalle scelte intraprese dalla classe dirigente cittadina tra il 1919 e i primi anni Venti. Tra i contributi più interessanti, quelli di Max Ongaro, di Camillo Puglisi Allegra e Giuseppe Torres.
1920Un orfanotrofio per San DonàLa guerra si era lasciata dietro oltre che vittime e feriti anche un gran numero di vedove e di orfani. Il 13 settembre 1920 il parroco don Saretta scriveva un’accorata lettera a un superiore salesiano, probabilmente l’Ispettore don Giraudi:“(…) Confidando nella provvidenza divina ho stanziato subito la costruzione di un orfanotrofio, dove raccogliere i fanciulli orfani per mantenerli ed educarli cristianamente e dove nello stesso tempo aprire un rifugio alla gioventù maschile della vasta parrocchia seminata più che da rovine materiali, di spavento e miserie spirituali in causa della guerra. L’edificio, bello e grandioso, volge al suo termine e io non so a chi meglio rivolgermi per affidare l’istituzione che ai benemeriti Figli di don Bosco, verso i quali ho avuto sempre la più grande venerazione (…)” L’iniziale idea dell’arciprete era quella di far convivere la realtà oratoriana con quella dell’orfanotrofio. La risposta concreta all’appello però tardava, nonostante i contatti, le richieste garbate ma pressanti, le visite e le promesse. Guido Guarinoni sindaco di San DonàNel novembre 1920 divenne sindaco di San Donà Guido Guarinoni.
Durante la guerra aveva trovato riparo a Venezia, città nella quale ancora risiedeva
come si desume dall’atto di matrimonio della figlia che lì si sposò nel 1922
con l’industriale originario di Firenze Gino Baldi. Nonostante i timori alla sua elezione
l’opera dell’amministrazione Guarinoni fu fondamentale nella ricostruzione di San Donà.
L’amministrazione Guarinoni
È il 10 ottobre 1921, o almeno questa è la data dell'annullo di San Donà di Piave su questa cartolina doppia, diretta a un giornalista di Monaco di Baviera (e arrivata tassata). È interessante perché mostra San Donà in ricostruzione dopo la Prima guerra mondiale, finita da quasi tre anni. In primo piano alcune persone intente a esaminare lo stato dei lavori sul tetto del duomo (probabilmente si tratta un sopralluogo tecnico). Poche sono le case ricostruite, moltissimi i baraccamenti qua e là. Il fotografo Italvanto Battistella è salito sul colmo del tetto per riprendere questa straordinaria immagine. Va ingrandita per vedere bene i particolari. 11 dicembre 1921: inaugurazione dell’Ospedale “Umberto I”Furono tanti gli importanti eventi e le inaugurazioni che si susseguirono negli anni dell’amministrazione Guarinoni. L’11 dicembre 1921 alla presenza del Ministro Raineri e del Vescovo di Treviso Monsignor Andrea Giacinto Longhin venne inaugurato il nuovo ospedale “Umberto I”, ricostruito in viale Regina Margherita dopo le grandi distruzioni della guerra. Grande fu l’impegno del Presidente comm. Antonio Trentin e del vicepresidente cav. dott. Vincenzo Janna per riuscire a dare al direttore dell’ospedale Alessandro Girardi e al suo assistente dottor Carlo Cristani una struttura adeguata alle esigenze di un comprensorio sandonatese destinato a un grande sviluppo. Per reperire i fondi utili alla costruzione dell’ospedale era stata indetta anche una lotteria nazionale con l’estrazione del primo premio nel marzo 1920.23-25 marzo 1922: il grande congresso delle bonificheDal 23 al 25 marzo si tenne a San Donà un importantissimo "Congresso Regionale delle Bonifiche", che ebbe risonanza nazionale.
Il Congresso diede grande lustro alla città richiamando molti esponenti della politica nazionale a cominciare da quelli governativi, per non tralasciare don Luigi Sturzo e il parlamentare sandonatese Silvio Trentin, oltre a tanti tecnici che stavano portando avanti una grande opera di bonifica in tante zone d’Italia. Nei nostri territori attraversati dalla guerra molte di quelle opere vennero ancor più implementate per riparare alle molte distruzioni causate dagli eserciti in lotta. Fu grande il risalto dato all’evento nella stampa nazionale e locale, in particolare La Gazzetta di Venezia dedicò ampie paginate ai temi in discussione e ai tanti interventi dei partecipanti alla tre giorni congressuale. Questo l’intervento del sindaco nel resoconto della La Gazzetta di Venezia: «Egli ricorda che quando, sul novembre 1918, orgogliosi della grande vittoria, i cittadini di San Donà tornarono dall’esilio, e videro lo squallore di queste terre di messi opime e d’invidiata prosperità, pareva un sogno la speranza che in breve tempo sarebbero risorte, per incamminarsi a più promettente avvenire. Pure, per la fermezza di propositi e l’intensità del lavoro della popolazione, la vita riprende il suo corso normale. Gli interventi, le relazioni, le considerazioni sviluppate in quei giorni furono
alla base di tutta la legislazione successiva e delle concrete iniziative nazionali sulla bonifica.
Un concetto sviluppato in quelle giornate fu quello della bonifica integrale, intesa come bonifica idraulica,
bonifica agraria, bonifica igienica e bonifica umana. È bene ricordare l'evento per capire
l'importanza che ha la bonifica a San Donà, non solo come modello ancora esistente, ma come punto di svolta
per lo sviluppo delle bonifiche in Italia.
12 novembre 1922: inaugurazione del Nuovo Ponte
Il 12 novembre 1922 ebbe luogo l’inaugurazione del nuovo ponte sul Piave.
Distrutto dall’esercito italiano nel novembre 1917 per fermare l’avanzata austroungarica,
subito dopo la guerra ne venne costruito uno provvisorio in legno. Poi fu la volta di quello definitivo
con caratteristiche molto simili a quello che tuttora percorriamo e che successivamente
fu parzialmente ricostruito dopo le distruzioni della seconda guerra mondiale.
L'evento fu celebrato anche da Achille Beltrame con una copertina della Domenica del Corriere.
19233 giugno 1923: inaugurazione del municipio
Il 3 giugno 1923 venne inaugurato il Municipio di San Donà di Piave, progettato
dall’architetto Camillo Pugliesi Allegra, lo stesso che poi progetterà il Palazzo dei Consorzi della Bonifica
che completerà i grandi palazzi che contornano ancor oggi Piazza Indipendenza.
Un’enfasi che non sarà confermata dai fatti: San Donà subirà infatti l’occupazione tedesca dal 1943 al 1945. Le elezioni amministrative dell’agosto 1923Dopo tre anni di amministrazione Guarinoni a metà agosto del 1923 si tennero le ultime elezioni amministrative prima che il regime fascista istituisse la figura del Podestà di nomina governativa. Differentemente dalle precedenti questa volta il partito fascista prevalse. Sabato 18 agosto 1923 si insediò il nuovo consiglio che nominò Costante Bortolotto Sindaco di San Donà di Piave. Tra gli eletti figurava anche l’ex sindaco Guido Guarinoni. Questo l’articolo della Gazzetta di Venezia che racconta quella giornata e che mostra la piaggeria del neoeletto sindaco fascista nei confronti del potere centrale: «Il Commissario prefettizio ha oggi insediato il nuovo Consiglio comunale. Dopo la lettura della relazione che fu applauditissima, venne nominato sindaco il sig. cav. Dott. Costante Bortolotto. Furono nominati assessori effettivi i sigg. Janna cav. Dott. Vincenzo, De Faveri dott. Cav. Giuseppe, Bastianetto Marco e Guarinoni ing. Guido. Assessori supplenti i sigg. Velluti ing. Francesco e Davanzo Giuseppe. Furono spediti i seguenti telegrammi: “S. E. Benito Mussolini, Roma – Nuova amministrazione San Donà di Piave risorta dalla guerra prima volta riunita oggi sede municipale da Vostra Eccellenza inaugurata manda reverente saluto e ossequio Capo Governo auspicando che programma restaurazione nazionale abbia completo sicuro svolgimento.” 1924A livello nazionale la tensione cresceva con la legge Acerbo che condizionò le elezioni politiche dell’aprile 1924 cui seguì il delitto Matteotti, anticamera all’instaurazione della dittatura.Dopo la prematura scomparsa di Giannino Ancillotto, il Consiglio Comunale,
il 30 ottobre 1924, deliberò l’intitolazione all’eroe dell’omonima
via G.Ancillotto e la collocazione sulla facciata del Palazzo Municipale
di “un ricordo marmoreo che rammenti alle future generazioni l’alto sentimento
del dovere e il culto della Patria del Grande Scomparso”.
1925All’inizio del 1925 il progetto del monumento a Giannino Ancillotto trovò un rapido consenso e seguito, per cui già alla fine di gennaio si tenne a San Donà di Piave un’importante riunione di Sindaci e autorità del territorio, per avviare la costituzione del Comitato d’Onore ed Esecutivo. Per fronteggiare le spese di un monumento che avrebbe dovuto avere rilevanza nazionale, si attivarono sottoscrizioni pubbliche al fine di raccogliere “offerte di tutti i Cittadini d’Italia nonché, si intende, con i contributi di Comuni, Associazioni e istituzioni varie. Verranno pertanto distribuite a tutti i Sindaci apposite schede di sottoscrizione”. Lo stesso Perù contribuì con un importo di Lire 30.000, a ricordo dell’impresa di Ancillotto. L’entusiastico avvio dell’iniziativa subì una parentesi di arresto, per via di qualche ripensamento da parte delle gerarchie a Roma, in un momento delicato per l’economia, nel quale, per contenere in parte la monumentomania dilagante legata al mito della Grande Guerra, si orientò la memoria verso altre opere di indirizzo sociale, quali costruzione di Asili (legati ai caduti), fondi per orfani etc.Il 9 marzo 1925 Costante Bortolotto passa la mano. Con la sua nomina a fiduciario del P.N.F di tutto il Basso Piave il sindaco Bortolotto passò il testimone al dottor Giuseppe De Faveri che continuò con lo stesso Consiglio Comunale in precedenza eletto. Don Saretta insiste per far nascere l'Oratorio. Nel 1925 l’arciprete don Saretta acquistò un appezzamento di terreno edificabile, presso il cimitero, da destinarsi al futuro edificio dell’Oratorio. Il terreno, già di proprietà Saccomani, nell’intenzione iniziale del parroco doveva essere destinato alla costruzione di un “terzo fabbricato”, in aggiunta cioè all’Orfanotrofio e agli adiacenti laboratori. Nell’atto di compravendita, di qualche mese dopo, viene tuttavia definita la destinazione d’uso della proprietà immobiliare: “ricreatorio e campo sportivo, nonché scuola professionale”. Infine, la tenacia e l'insistenza di Saretta, che faceva propri i bisogni e le aspettative della popolazione, vinsero la prudenza dei superiori della Congregazione, favorevolmente colpiti dalla sua “preziosa benevolenza per i Salesiani” e dalla sua “mirabile attività di illuminato zelo”. 1926
Nel 1926 il Rettor Maggiore, il beato don Filippo Rinaldi, in visita all’Orfanotrofio, rimase positivamente colpito e promise la presenza dei Salesiani a San Donà per il settembre 1927 (si concretizzò però nel 1928), esortando l’ispettore don Festini ad accontentare le richieste del parroco e della popolazione sandonatese, “…anche a costo di sacrifici”. Il primo disegno dell’edificio, a cura dell’ingegnere salesiano Giulio Valotti di Torino, nel dicembre 1926 arrivò a Saretta, che non mancò di fornire alcuni suggerimenti. 1927Il 1927 è l’anno in cui vengono riconosciute le “virtù eroiche” di don Giovanni Bosco, che porteranno alla sua beatificazione e poi (l’1/4/1934) alla sua canonizzazione. Già il 2 gennaio monsignor Saretta presenta il programma per l’erigendo Oratorio. La posa della prima pietra dell'Oratorio.
Il 15 maggio del 1927 si teneva la cerimonia della posa della prima pietra
dell’Oratorio Don Bosco di San Donà di Piave. In quel mese di maggio i fedeli di San Donà
venivano invitati a pregare la Vergine Maria per ottenere la benedizione sulla grandiosa opera.
L’8 maggio il salesiano don G. Acerbi giunse da Belluno per illustrare l’opera di don Bosco,
alla messa e al vespro, e al fioretto serale intrattenne gli intervenuti
sulla devozione a Maria Ausiliatrice.
9 aprile 1927: il sindaco Costante Bortolotto viene nominato Podestà
L’amministrazione Bortolotto si era mossa in continuità con quella precedente in un quadro
che vedeva oramai il partito fascista sempre più dominante nella politica cittadina.
Costante Bortolotto, eletto nel 1923, era rimasto in carica due anni, poi il 9 marzo 1925
con la sua nomina a fiduciario del P.N.F di tutto il Basso Piave aveva passato il testimone
al dottor Giuseppe De Faveri in continuazione con lo stesso Consiglio Comunale in precedenza eletto.
Il Consiglio era rimasto in carica ancora per poco più di un anno per poi venire sciolto il 18 luglio 1926.
Dopo un periodo di commissariamento prefettizio del cav. rag. Arturo Sears,
il 9 aprile 1927 venne nominato il primo Podestà di San Donà di Piave
che vide il ritorno di Costante Bortolotto alla prima carica cittadina.
1928Arrivano i Salesiani. Finalmente, con festosa e trionfale accoglienza, nel giorno della festa patronale lunedì 24 settembre 1928, arrivarono in treno a San Donà i primi tre Salesiani: il direttore don Riccardo Giovannetto, il chierico Luigi Ferrari e il coadiutore Mauro Picchioni. I tre Salesiani, per alcuni mesi, furono ospitati nell’Orfanotrofio, gestendo il collegio per i 67 orfani maschi, mentre in un’altra ala isolata del medesimo Istituto, gestita dalle Suore di Maria Bambina, c’erano anche le orfanelle. 1929Fu un'invernata gelida quella che dal 1928 portò al 1929; il Piave ghiacciò. Il 14 febbraio le temperature raggiunsero addirittura i - 20°. La gente giunse persino in bici sullo spesso strato di ghiaccio.
1930Se nel 1928 le schede di sottoscrizione per il monumento a Giannino Ancillotto avevano ripreso a circolare, fu nel 1930 che il Ministro Italo Balbo nominò l’architetto incaricato della realizzazione, individuato in Pietro Lombardi (1894-1994). Quest’ultimo aveva già aveva lavorato sul tema aeronautico attraverso la realizzazione del monumento al Gen. Alessandro Guidoni, morto in un incidente aereo a Montecelio il 27 aprile 1928.Piazza Indipendenza nel frattempo era stata interessata da progetti relativi alla collocazione di una fontana monumentale, nonché dalla possibile destinazione di due bocche da fuoco austriache della prima guerra mondiale, ipotesi poi tramontata. Fu proprio il valore simbolico, voluto dal Ministro per il monumento, che pose fine all’eventuale coesistenza con la fontana. Con una lettera del 26 Maggio 1930 l’arch. Lombardi chiariva infatti al Podestà Costante Bortolotto che con il Ministro Balbo si era giunti alla definizione del significato che avrebbe dovuto assumere il monumento. Veniva in sostanza ribadito quanto era già emerso dal verbale dell’incontro a San Donà di Piave del 31 gennaio 1925: il monumento doveva cioè “simboleggiare l’Ala d’Italia, nel suo ardimento, nel suo progresso, e sarà il simbolo degli aviatori caduti”. Si aggiungeva tuttavia un nuovo importante elemento: si decise infatti che l’opera fosse concepita per essere vista e riconoscibile dal cielo, dagli aviatori. Una duplice vista quindi, da terra e dall’alto, già nella sua concezione progettuale, secondo un principio caro anche all’Aeropittura e alla stagione del secondo Futurismo che dagli anni ’30, attraverso il tema del volo, affermava la sua fortuna. 1931Il 15 Novembre 1931 veniva solennemente inaugurato il monumento a Giannino Ancillotto.
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