STORIA di SAN DONÀ tra le due guerre
dal 1919 al 1940


1919: desolazione e macerie


Il Piave


Il ponte provvisorio di legno, che sarebbe poi andato distrutto il 9 gennaio 1919


Sopra: Piazza Indipendenza.
Sotto: la medesima piazza, sgombrata delle macerie e con le baracche adibite a uffici comunali.

Palazzo Bastianetto

Don Mazzolari a San Donà Don Primo Mazzolari giunse a San Donà nel 1919. Nominato cappellano militare, alla fine del conflitto, nonostante avesse chiesto il congedo, gli fu negato: viene inviato a San Donà di Piave, per assistere i soldati che stavano cominciando a recuperare i corpi. Aiutato dai soldati americani aprì una casa del soldato e cercò di “curare” i reduci della guerra, culturalmente e spiritualmente.

Uomini e macerie: era tutto da ritirar su. E se tirar su i primi si sarebbe rivelato difficile (il Fascismo sarebbe esploso di lì a pochi anni), la ricostruzione materiale mostrò maggiori successi. L'aspetto attuale degli edifici più importanti del centro storico di San Donà e l'assetto generale della città dipendono dalle scelte intraprese dalla classe dirigente cittadina tra il 1919 e i primi anni Venti. Tra i contributi più interessanti, quelli di Max Ongaro, di Camillo Puglisi Allegra e Giuseppe Torres.


San Donà che risorge

1920

Un orfanotrofio per San Donà

La guerra si era lasciata dietro oltre che vittime e feriti anche un gran numero di vedove e di orfani. Il 13 settembre 1920 il parroco don Saretta scriveva un’accorata lettera a un superiore salesiano, probabilmente l’Ispettore don Giraudi:
“(…) Confidando nella provvidenza divina ho stanziato subito la costruzione di un orfanotrofio, dove raccogliere i fanciulli orfani per mantenerli ed educarli cristianamente e dove nello stesso tempo aprire un rifugio alla gioventù maschile della vasta parrocchia seminata più che da rovine materiali, di spavento e miserie spirituali in causa della guerra. L’edificio, bello e grandioso, volge al suo termine e io non so a chi meglio rivolgermi per affidare l’istituzione che ai benemeriti Figli di don Bosco, verso i quali ho avuto sempre la più grande venerazione (…)”

L’iniziale idea dell’arciprete era quella di far convivere la realtà oratoriana con quella dell’orfanotrofio. La risposta concreta all’appello però tardava, nonostante i contatti, le richieste garbate ma pressanti, le visite e le promesse.

Guido Guarinoni sindaco di San Donà

Nel novembre 1920 divenne sindaco di San Donà Guido Guarinoni. Durante la guerra aveva trovato riparo a Venezia, città nella quale ancora risiedeva come si desume dall’atto di matrimonio della figlia che lì si sposò nel 1922 con l’industriale originario di Firenze Gino Baldi. Nonostante i timori alla sua elezione l’opera dell’amministrazione Guarinoni fu fondamentale nella ricostruzione di San Donà.
[Lo stesso Monsignor Chimenton nel suo libro del 1928 darà merito all’amministrazione Guarinoni per quanto fatto negli anni del suo mandato ed essendo il Chimenton di note simpatie fasciste non era affatto scontato il suo giudizio positivo, anche se ci teneva a rimarcare come l’amministrazione di quel periodo avesse potuto agire in modo profittevole grazie alla collaborazione dell’opposizione. Nello specifico si riferiva a quel partito fascista che poi gli succedette, ruolo in seguito divenuto non più contendibile dopo la creazione del Podestà con cariche non più elettive.]
Il fatto che il sindaco risiedesse a Venezia non costituì un impedimento dato che sin da subito gli si affiancò Marco Bastianetto quale consigliere anziano, con cui Guarinoni era stato consigliere comunale prima della guerra e, cosa non secondaria, era tra i fondatori del Partito Popolare sandonatese assieme ad Alberto Battistella, Giuseppe Boem, Pietro Perin, Enrico Picchetti e Giuseppe Zucotto.

L’amministrazione Guarinoni
Ad affiancare il Sindaco Guido Guarinoni ci furono, oltre a Marco Bastianetto, i signori Umberto Roma, Giuseppe Zorzetto, Giuseppe Boem e Alberto Battistella. L’amministrazione Guarinoni nei tre anni che rimase in carica diede attuazione al piano regolatore approvato nei mesi precedenti alle elezioni, iniziò e completò la ricostruzione del Municipio; su progetto dell’architetto Giuseppe Torres fu ultimato il campanile nel 1922 con le campane che ritornarono a risuonare il venerdì Santo dell’anno seguente e fu quasi completato il duomo (poi consacrato nel 1925); si allacciò all’acquedotto la gran parte del centro cittadino; e come ricorda Monsignor Chimenton: « …si eseguì la pavimentazione interna del paese; si iniziò e quasi si ultimò il nuovo cimitero; si deliberò l’alberazione di alcune strade; si provvide per ottenere la concessione del terreno, richiesto per la sistemazione delle baracche; si proseguì e si ripristinò la viabilità pubblica; si sistemarono gli edifici scolastici, e si iniziarono le pratiche per averne di nuovi; si provvide in parte all’illuminazione pubblica; si approvò l’istruzione religiosa nelle scuole».

È il 10 ottobre 1921, o almeno questa è la data dell'annullo di San Donà di Piave su questa cartolina doppia, diretta a un giornalista di Monaco di Baviera (e arrivata tassata).


Clicca sopra per ingrandire.

È interessante perché mostra San Donà in ricostruzione dopo la Prima guerra mondiale, finita da quasi tre anni. In primo piano alcune persone intente a esaminare lo stato dei lavori sul tetto del duomo (probabilmente si tratta un sopralluogo tecnico). Poche sono le case ricostruite, moltissimi i baraccamenti qua e là. Il fotografo Italvanto Battistella è salito sul colmo del tetto per riprendere questa straordinaria immagine. Va ingrandita per vedere bene i particolari.

11 dicembre 1921: inaugurazione dell’Ospedale “Umberto I”

Furono tanti gli importanti eventi e le inaugurazioni che si susseguirono negli anni dell’amministrazione Guarinoni. L’11 dicembre 1921 alla presenza del Ministro Raineri e del Vescovo di Treviso Monsignor Andrea Giacinto Longhin venne inaugurato il nuovo ospedale “Umberto I”, ricostruito in viale Regina Margherita dopo le grandi distruzioni della guerra. Grande fu l’impegno del Presidente comm. Antonio Trentin e del vicepresidente cav. dott. Vincenzo Janna per riuscire a dare al direttore dell’ospedale Alessandro Girardi e al suo assistente dottor Carlo Cristani una struttura adeguata alle esigenze di un comprensorio sandonatese destinato a un grande sviluppo. Per reperire i fondi utili alla costruzione dell’ospedale era stata indetta anche una lotteria nazionale con l’estrazione del primo premio nel marzo 1920.

23-25 marzo 1922: il grande congresso delle bonifiche

Dal 23 al 25 marzo si tenne a San Donà un importantissimo "Congresso Regionale delle Bonifiche", che ebbe risonanza nazionale.


I partecipanti in attesa di entrare al teatro Verdi La foto presenta uno dei momenti iniziali del congresso che ebbe come sede il "Cinema-teatro Verdi" di San Donà, nell'attuale via Ancillotto, appena ricostruito dopo la Prima guerra mondiale. Il teatro sarebbe stato poi distrutto da un bombardamento nella seconda (ora nello stesso sito c'è il Teatro Metropolitano Astra.)

Il Congresso diede grande lustro alla città richiamando molti esponenti della politica nazionale a cominciare da quelli governativi, per non tralasciare don Luigi Sturzo e il parlamentare sandonatese Silvio Trentin, oltre a tanti tecnici che stavano portando avanti una grande opera di bonifica in tante zone d’Italia. Nei nostri territori attraversati dalla guerra molte di quelle opere vennero ancor più implementate per riparare alle molte distruzioni causate dagli eserciti in lotta. Fu grande il risalto dato all’evento nella stampa nazionale e locale, in particolare La Gazzetta di Venezia dedicò ampie paginate ai temi in discussione e ai tanti interventi dei partecipanti alla tre giorni congressuale.

Questo l’intervento del sindaco nel resoconto della La Gazzetta di Venezia:

«Egli ricorda che quando, sul novembre 1918, orgogliosi della grande vittoria, i cittadini di San Donà tornarono dall’esilio, e videro lo squallore di queste terre di messi opime e d’invidiata prosperità, pareva un sogno la speranza che in breve tempo sarebbero risorte, per incamminarsi a più promettente avvenire. Pure, per la fermezza di propositi e l’intensità del lavoro della popolazione, la vita riprende il suo corso normale.

Il nome di San Donà, orgogliosa di essere stata scelta a sede di questo Congresso è grato all’Istituto Federale di Credito per il risorgimento delle Venezie ed alla Federazione dei Consorzi, e con essi agli illustri Presidenti comm. Ravà e comm. Mazzotto, l’oratore dà il saluto, in nome del Comune, al ministro Bertini, ai sottosegretari Beneduce, Martini e Merlin, alle Autorità e ai Congressisti.

Augura che il Congresso sia buon augurio per l’avvenire di S. Donà che un secolo fa non era che un villaggio di poche case, specie in una zona palustre di oltre 40 mila ettari, e che oggi, mercè la fiorente attività dei Consorzi di bonifica è un importantissimo centro di vasti territori, la cui prosperità economica va sempre crescendo, e si avvia a tempi radiosi di prosperità, di benessere e di progresso. (applausi vivissimi

Gli interventi, le relazioni, le considerazioni sviluppate in quei giorni furono alla base di tutta la legislazione successiva e delle concrete iniziative nazionali sulla bonifica. Un concetto sviluppato in quelle giornate fu quello della bonifica integrale, intesa come bonifica idraulica, bonifica agraria, bonifica igienica e bonifica umana. È bene ricordare l'evento per capire l'importanza che ha la bonifica a San Donà, non solo come modello ancora esistente, ma come punto di svolta per lo sviluppo delle bonifiche in Italia.
Tale congresso è ancora ricordato nei testi di economia agraria. Come detto sopra, a questo congresso parteciparono i nomi più importanti del mondo politico e imprenditoriale di quel tempo, ministri, sottosegretari ai Lavori Pubblici e all'Agricoltura, parlamentari locali come Silvio Trentin, personaggi eclettici come don Luigi Sturzo (e tra i partecipanti vi furono entrambi i nonni di Dino Casagrande, che molti anni dopo avrebbe diretto il Museo della Bonifica: uno dei nonni appare in una delle rare fotografie dell'epoca, l'altro figura tra i nomi pubblicati negli atti congressuali).


Sono state aperte le porte del teatro Verdi: i partecipanti possono entrare (o sono appena usciti). La foto è datata a penna 23 marzo 1922.

12 novembre 1922: inaugurazione del Nuovo Ponte


L’inaugurazione del Ponte, il palco delle autorità. Sulla sinistra Monsignor Longhin con Mons, Saretta; al centro il patriarca di Venezia il Cardinale La Fontaine, alle sue spalle il Duca d’Aosta e alla sua sinistra il sottosegretario Sardi; sulla destra Corinna Ancillotto con a fianco il sindaco Guido Guarinoni (Illustrazione Italiana, novembre 1922)

Il 12 novembre 1922 ebbe luogo l’inaugurazione del nuovo ponte sul Piave. Distrutto dall’esercito italiano nel novembre 1917 per fermare l’avanzata austroungarica, subito dopo la guerra ne venne costruito uno provvisorio in legno. Poi fu la volta di quello definitivo con caratteristiche molto simili a quello che tuttora percorriamo e che successivamente fu parzialmente ricostruito dopo le distruzioni della seconda guerra mondiale.
In quel novembre 1922 il ponte venne inaugurato al cospetto delle massime autorità con la presenza di Sua Altezza il Duca Emanuele Filiberto d’Aosta, del Patriarca di Venezia il Cardinale Pietro La Fontaine, del Vescovo di Treviso Monsignor Andrea Giacinto Longhin, del sottosegretario ai Lavori Pubblici Alessandro Sardi e di tutte le massime autorità cittadine a cominciare dal sindaco Guido Guarinoni. Grande fu la festa con una San Donà gremitissima che acclamò gli oratori che si succedettero sul palco. Dopo la benedizione del Patriarca di Venezia vi fu la firma ufficiale del Duca d’Aosta sulla pergamena che sancì il battesimo del ponte, quindi la classica rottura della bottiglia da parte della contessa Corinna Ancillotto, madre dell’aviatore sandonatese Giannino Ancillotto, medaglia d’oro al valor militare.

L'evento fu celebrato anche da Achille Beltrame con una copertina della Domenica del Corriere.

GOSSIP: Una curiosità attinente alla famiglia Guarinoni e inerente al ponte: tra gli ingegneri che seguirono la costruzione del ponte ci fu anche Ippolito Radaelli, cognato del sindaco Guido Guarinoni. Radaelli, che in prime nozze aveva sposato la sorella di Guido, Alda Maria, rimase vedovo e in seconde nozze sposò Clorinda Crico, a sua volta imparentata con Guido Guarinoni avendone sposato in prime nozze il fratello Amedeo ed essere rimasta prematuramente vedova.

1923

3 giugno 1923: inaugurazione del municipio


Il Presidente del Consiglio Benito Mussolini 1l 3 giugno 1923 sul terrazzo del Municipio di San Donà di Piave

Il 3 giugno 1923 venne inaugurato il Municipio di San Donà di Piave, progettato dall’architetto Camillo Pugliesi Allegra, lo stesso che poi progetterà il Palazzo dei Consorzi della Bonifica che completerà i grandi palazzi che contornano ancor oggi Piazza Indipendenza.
A tenere a battesimo il Palazzo istituzionale della città fu addirittura il presidente del consiglio Benito Mussolini. In carica dall’ottobre 1922 e impegnato in un grande giro istituzionale in Veneto, Mussolini, dopo essere stato a Croce e aver deposto una corona di fiori sulla tomba dell’eroe Tito Acerbo, fece tappa a San Donà di Piave per l’inaugurazione del municipio appena ricostruito.
Imponente la cornice di folla che accolse il presidente del Consiglio per un evento che ancor oggi è ricordato con una targa all’interno del Municipio nella quale è citata una frase detta da Mussolini in quella occasione: “Qui una volta giunse il nemico, gli italiani giurano che non succederà mai più”.

Un’enfasi che non sarà confermata dai fatti: San Donà subirà infatti l’occupazione tedesca dal 1943 al 1945.

Le elezioni amministrative dell’agosto 1923

Dopo tre anni di amministrazione Guarinoni a metà agosto del 1923 si tennero le ultime elezioni amministrative prima che il regime fascista istituisse la figura del Podestà di nomina governativa. Differentemente dalle precedenti questa volta il partito fascista prevalse. Sabato 18 agosto 1923 si insediò il nuovo consiglio che nominò Costante Bortolotto Sindaco di San Donà di Piave. Tra gli eletti figurava anche l’ex sindaco Guido Guarinoni.

Questo l’articolo della Gazzetta di Venezia che racconta quella giornata e che mostra la piaggeria del neoeletto sindaco fascista nei confronti del potere centrale:

«Il Commissario prefettizio ha oggi insediato il nuovo Consiglio comunale. Dopo la lettura della relazione che fu applauditissima, venne nominato sindaco il sig. cav. Dott. Costante Bortolotto. Furono nominati assessori effettivi i sigg. Janna cav. Dott. Vincenzo, De Faveri dott. Cav. Giuseppe, Bastianetto Marco e Guarinoni ing. Guido. Assessori supplenti i sigg. Velluti ing. Francesco e Davanzo Giuseppe. Furono spediti i seguenti telegrammi: “S. E. Benito Mussolini, Roma – Nuova amministrazione San Donà di Piave risorta dalla guerra prima volta riunita oggi sede municipale da Vostra Eccellenza inaugurata manda reverente saluto e ossequio Capo Governo auspicando che programma restaurazione nazionale abbia completo sicuro svolgimento.”
“Generale Cittadini, Primo Aiutante Campo Sua Maestà Re d’Italia, Roma. Nuova amministrazione comunale San Donà di Piave riunitasi prima volta rivolge ossequiente pensiero a Sua Maestà il Re di Italia milite in guerra probo cittadino in pace primo fra tutti nelle nobili proficue e sane iniziative nazionali.”
Oggi (19) continuazione della Pesca, musica in Piazza, rappresentazione straordinaria del Circo Caveagna e un attraente spettacolo pirotecnico. Si prevede gran numero di gente. La tradizionale fiera di S. Rocco è stata superiore ad ogni aspettativa».

1924

A livello nazionale la tensione cresceva con la legge Acerbo che condizionò le elezioni politiche dell’aprile 1924 cui seguì il delitto Matteotti, anticamera all’instaurazione della dittatura.

Dopo la prematura scomparsa di Giannino Ancillotto, il Consiglio Comunale, il 30 ottobre 1924, deliberò l’intitolazione all’eroe dell’omonima via G.Ancillotto e la collocazione sulla facciata del Palazzo Municipale di “un ricordo marmoreo che rammenti alle future generazioni l’alto sentimento del dovere e il culto della Patria del Grande Scomparso”.
Quest’ultimo proposito si convertì presto in un progetto più ambizioso su proposta e iniziativa dell’Aero Club d’Italia che prevedeva la realizzazione di un monumento nazionale da dedicare all’aviatore in Piazza Indipendenza.

1925

All’inizio del 1925 il progetto del monumento a Giannino Ancillotto trovò un rapido consenso e seguito, per cui già alla fine di gennaio si tenne a San Donà di Piave un’importante riunione di Sindaci e autorità del territorio, per avviare la costituzione del Comitato d’Onore ed Esecutivo. Per fronteggiare le spese di un monumento che avrebbe dovuto avere rilevanza nazionale, si attivarono sottoscrizioni pubbliche al fine di raccogliere “offerte di tutti i Cittadini d’Italia nonché, si intende, con i contributi di Comuni, Associazioni e istituzioni varie. Verranno pertanto distribuite a tutti i Sindaci apposite schede di sottoscrizione”. Lo stesso Perù contribuì con un importo di Lire 30.000, a ricordo dell’impresa di Ancillotto. L’entusiastico avvio dell’iniziativa subì una parentesi di arresto, per via di qualche ripensamento da parte delle gerarchie a Roma, in un momento delicato per l’economia, nel quale, per contenere in parte la monumentomania dilagante legata al mito della Grande Guerra, si orientò la memoria verso altre opere di indirizzo sociale, quali costruzione di Asili (legati ai caduti), fondi per orfani etc.

Il 9 marzo 1925 Costante Bortolotto passa la mano. Con la sua nomina a fiduciario del P.N.F di tutto il Basso Piave il sindaco Bortolotto passò il testimone al dottor Giuseppe De Faveri che continuò con lo stesso Consiglio Comunale in precedenza eletto.

Don Saretta insiste per far nascere l'Oratorio. Nel 1925 l’arciprete don Saretta acquistò un appezzamento di terreno edificabile, presso il cimitero, da destinarsi al futuro edificio dell’Oratorio. Il terreno, già di proprietà Saccomani, nell’intenzione iniziale del parroco doveva essere destinato alla costruzione di un “terzo fabbricato”, in aggiunta cioè all’Orfanotrofio e agli adiacenti laboratori. Nell’atto di compravendita, di qualche mese dopo, viene tuttavia definita la destinazione d’uso della proprietà immobiliare: “ricreatorio e campo sportivo, nonché scuola professionale”. Infine, la tenacia e l'insistenza di Saretta, che faceva propri i bisogni e le aspettative della popolazione, vinsero la prudenza dei superiori della Congregazione, favorevolmente colpiti dalla sua “preziosa benevolenza per i Salesiani” e dalla sua “mirabile attività di illuminato zelo”.

1926


Il Rettor Maggiore, Beato Filippo Rinaldi a San Donà

Nel 1926 il Rettor Maggiore, il beato don Filippo Rinaldi, in visita all’Orfanotrofio, rimase positivamente colpito e promise la presenza dei Salesiani a San Donà per il settembre 1927 (si concretizzò però nel 1928), esortando l’ispettore don Festini ad accontentare le richieste del parroco e della popolazione sandonatese, “…anche a costo di sacrifici”. Il primo disegno dell’edificio, a cura dell’ingegnere salesiano Giulio Valotti di Torino, nel dicembre 1926 arrivò a Saretta, che non mancò di fornire alcuni suggerimenti.

1927


Il 1927 è l’anno in cui vengono riconosciute le “virtù eroiche” di don Giovanni Bosco, che porteranno alla sua beatificazione e poi (l’1/4/1934) alla sua canonizzazione. Già il 2 gennaio monsignor Saretta presenta il programma per l’erigendo Oratorio.

La posa della prima pietra dell'Oratorio. Il 15 maggio del 1927 si teneva la cerimonia della posa della prima pietra dell’Oratorio Don Bosco di San Donà di Piave. In quel mese di maggio i fedeli di San Donà venivano invitati a pregare la Vergine Maria per ottenere la benedizione sulla grandiosa opera. L’8 maggio il salesiano don G. Acerbi giunse da Belluno per illustrare l’opera di don Bosco, alla messa e al vespro, e al fioretto serale intrattenne gli intervenuti sulla devozione a Maria Ausiliatrice.
Il francescano p. O. Rasselle lo coadiuvava nell’opera di sensibilizzazione per il compimento dell’opera, da ottenersi “con la preghiera, col sacrificio, con l’aiuto finanziario”.
La sera di lunedì 9 maggio il salesiano don Carnelutti tenne nel salone dell’Asilo una conferenza con proiezioni sulla vita di don Bosco. Il 12 maggio arrivò a San Donà anche il vescovo di Nepi e Sutri, il salesiano mons. Luigi Olivares (dopo la sua morte sarebbe stato proclamato Venerabile). Egli ogni sera predicava sul sistema educativo del futuro santo don Bosco. La sua parola semplice e umile suscitava ovunque una grande impressione e qualcuno già cominciava a chiamarlo il “Santo Vescovo”.
Finalmente, con la protezione di Maria Ausiliatrice, tanto invocata per il buon fine dell’Opera, la posa della prima pietra avvenne con solennità e presenza di un numerosissimo popolo e le autorità religiose e civili domenica 15 maggio 1927. Probabilmente la prima pietra fu collocata nella parte centrale dell’edificio, cioè sotto l’attuale atrio o presso l’ufficio del direttore. I lavori, diretti dall’ing. Ennio Contri, iniziarono il 3 agosto 1927; a inverno appena inoltrato la struttura di mattoni della prima parte dell’edificio aveva già la copertura dei coppi. [Questa parte dell’Oratorio sarebbe stata risistemata a fine 2010, con sostituzione delle capriate in legno e la risistemazione della soffitta.]

9 aprile 1927: il sindaco Costante Bortolotto viene nominato Podestà


Comm. Costante Bortolotto, primo Podestà di San Donà di Piave (Fotografia Batacchi)

L’amministrazione Bortolotto si era mossa in continuità con quella precedente in un quadro che vedeva oramai il partito fascista sempre più dominante nella politica cittadina. Costante Bortolotto, eletto nel 1923, era rimasto in carica due anni, poi il 9 marzo 1925 con la sua nomina a fiduciario del P.N.F di tutto il Basso Piave aveva passato il testimone al dottor Giuseppe De Faveri in continuazione con lo stesso Consiglio Comunale in precedenza eletto. Il Consiglio era rimasto in carica ancora per poco più di un anno per poi venire sciolto il 18 luglio 1926. Dopo un periodo di commissariamento prefettizio del cav. rag. Arturo Sears, il 9 aprile 1927 venne nominato il primo Podestà di San Donà di Piave che vide il ritorno di Costante Bortolotto alla prima carica cittadina.
Con lo scioglimento del Consiglio finì l'avventura politica sandonatese dell'ingegner Guido Guerinoni, ma è indubbio che ancor oggi a cento anni di distanza molto di quanto ricostruito durante la sua amministrazione dopo quel terribile conflitto mondiale è ancor oggi visibile in città. Guido Guarinoni e la sua famiglia mantennero la residenza a Venezia dove tra l’altro sia lui che la moglie Maria Velluti entrarono a far parte dell’Ordine Equestre del Sacro Sepolcro di Gerusalemme.
GOSSIP: Entrambi sono stati tumulati nel cimitero di San Donà di Piave presso la tomba di famiglia che accoglie anche gli antenati dei Guarinoni oltre alla figlia Teresina morta nel 1973 e il marito Gino Baldi morto venti anni dopo.

1928

Arrivano i Salesiani. Finalmente, con festosa e trionfale accoglienza, nel giorno della festa patronale lunedì 24 settembre 1928, arrivarono in treno a San Donà i primi tre Salesiani: il direttore don Riccardo Giovannetto, il chierico Luigi Ferrari e il coadiutore Mauro Picchioni. I tre Salesiani, per alcuni mesi, furono ospitati nell’Orfanotrofio, gestendo il collegio per i 67 orfani maschi, mentre in un’altra ala isolata del medesimo Istituto, gestita dalle Suore di Maria Bambina, c’erano anche le orfanelle.

1929

Fu un'invernata gelida quella che dal 1928 portò al 1929; il Piave ghiacciò. Il 14 febbraio le temperature raggiunsero addirittura i - 20°. La gente giunse persino in bici sullo spesso strato di ghiaccio.


Sopra e sotto, il Piave ghiacciato presso il ponte di San Donà. La data è quella del 14 febbraio.



Qui sotto il Piave a Fossalta, presso il Buso Burato, il 17 febbraio.

1930

Se nel 1928 le schede di sottoscrizione per il monumento a Giannino Ancillotto avevano ripreso a circolare, fu nel 1930 che il Ministro Italo Balbo nominò l’architetto incaricato della realizzazione, individuato in Pietro Lombardi (1894-1994). Quest’ultimo aveva già aveva lavorato sul tema aeronautico attraverso la realizzazione del monumento al Gen. Alessandro Guidoni, morto in un incidente aereo a Montecelio il 27 aprile 1928.
Piazza Indipendenza nel frattempo era stata interessata da progetti relativi alla collocazione di una fontana monumentale, nonché dalla possibile destinazione di due bocche da fuoco austriache della prima guerra mondiale, ipotesi poi tramontata. Fu proprio il valore simbolico, voluto dal Ministro per il monumento, che pose fine all’eventuale coesistenza con la fontana. Con una lettera del 26 Maggio 1930 l’arch. Lombardi chiariva infatti al Podestà Costante Bortolotto che con il Ministro Balbo si era giunti alla definizione del significato che avrebbe dovuto assumere il monumento. Veniva in sostanza ribadito quanto era già emerso dal verbale dell’incontro a San Donà di Piave del 31 gennaio 1925: il monumento doveva cioè “simboleggiare l’Ala d’Italia, nel suo ardimento, nel suo progresso, e sarà il simbolo degli aviatori caduti”. Si aggiungeva tuttavia un nuovo importante elemento: si decise infatti che l’opera fosse concepita per essere vista e riconoscibile dal cielo, dagli aviatori. Una duplice vista quindi, da terra e dall’alto, già nella sua concezione progettuale, secondo un principio caro anche all’Aeropittura e alla stagione del secondo Futurismo che dagli anni ’30, attraverso il tema del volo, affermava la sua fortuna.

1931

Il 15 Novembre 1931 veniva solennemente inaugurato il monumento a Giannino Ancillotto.




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