Storia di San Donà
attraverso foto e cartoline

Il Convento delle Clarisse

Il convento delle Clarisse fu costruito nel 1967 su progetto di due giovani allievi di Carlo Scarpa, Camillo Bianchi e Antonio Zambusi.

Antonio Zambusi, Toni per gli amici, nato a Padova nel 1937, si era iscritto all’istituto di Architettura di Venezia nel 1958 e si era laureato nel luglio 1962; la sua iscrizione all’Ordine degli Architetti della Provincia di Padova (come si chiamava allora) risale al gennaio 1963, con il n. 76.
Ebbe la fortuna di frequentare in anni straordinari la Scuola veneziana, magistralmente diretta da Giuseppe Samonà, con docenti di vaglia quali Bruno Zevi, Carlo Scarpa, Franco Albini, Giancarlo De Carlo, Ignazio Gardella, Lodovico Belgiojoso, quando gli studenti del primo anno non superavano il centinaio.
Zambusi — come apprendiamo da La mia storia di Architetto, pubblicata nel suo volume autobiografico — considera Albini il suo «maestro fondamentale », in quanto gli ha insegnato «le basi del Disegno Industriale, il rigore e la sintesi nella ricerca di armonizzare forma e funzione, fuggendo, sia nell’Architettura come nell’oggetto, da ogni segno non necessario al risultato finale».
Da Zevi ha imparato «a “saper vedere l’Architettura” e la libertà di progettare oltre l’Architettura del Potere: classica, autoritaria, accademica, simmetrica».
A Scarpa deve «la cura del dettaglio e l’amore per tutti i materiali e il loro possibile accostamento armonico», a De Carlo, Gardella, Belgioioso e Samonà «l’organizzazione logica e funzionale dei volumi e degli spazi nelle piccole come nelle grandi dimensioni e l’attenzione e la cura precisa di ogni particolare o dettaglio, come fatto assolutamente necessario per un buon risultato progettuale».
Da studente frequenta a Cittadella, dove si trova l’antica casa di famiglia, lo studio dell’architetto Remo Val e, appena laureato, entra in quello padovano dell’architetto Giulio Brunetta, dove rimane fino al novembre 1963, per prestare il servizio militare.

Queste le sue parole:

In quello Studio, allora il più importante di Padova, feci una ricchissima e diversificata esperienza progettuale, sotto lo sguardo attento, esigenze, rigoroso e preparatissimo del suo direttore. Qui ebbi anche la fortuna di conoscere Camillo Bianchi, allora ingegnere, poi architetto e professore all’Università di Padova, con cui iniziai una felice collaborazione professionale durata per vari anni e da sempre continuata sul piano culturale e umano.
Con Bianchi e con gli architetti Pian Nicola Cigante e Marilena Boccato fondammo poi l’Archstudio e per vari anni lavorammo nel campo della progettazione architettonica.

Ed è quasi all’inizio della loro carriera che Bianchi e Zambusi ottengono l’incarico di progettare il nuovo convento delle Clarisse a San Donà. Ne approfittano per elaborare un progetto di straordinaria qualità, tutto in cemento faccia a vista. Il progetto richiama alla memoria certi edifici di Le Corbusier.

Esso rientra sicuramente tra gli edifici di pregio di architettura moderna a San Donà.


Il Monastero in costruzione (Il Piave, anno I n. 9)

Il primo marzo 1968 usciva il primo numero de «Il Piave», periodico di informazione a cura dell’Amministrazione comunale di San Donà di Piave. A cadenza quindicinale ogni famiglia riceveva una copia del giornale nella classica fogliazione a quattro facciate dove vi erano le notizie istituzionali riguardanti la città ma dove si potevano trovare anche degli approfondimenti riguardo la cultura, la storia e lo sport.

In uno dei numeri di luglio vi si raccontava dell’inaugurazione del Monastero delle Clarisse in prossimità del cimitero cittadino.

Il Monastero delle Clarisse, un esempio dell’architettura moderna

Un nuovo monastero delle clarisse sorge di fronte al Camposanto, luogo di pace, serenità e solitudine.
È stato inaugurato il 21 luglio u.s. in un tranquillo pomeriggio di primo estate.
Alla presenza del Vescovo Mistrorigo, di Autorità religiose e civili e con una imponente partecipazione di folla, il monastero è stato benedetto, inaugurato e consegnato ufficialmente alle suore clarisse, monache di stretta clausura.
La S. Messa celebrata nel presbiterio ha acquistato un particolare significato, si avvertiva, nell’aria un senso di vero e profondo misticismo.
Al termine del rito c’è stata la visita al monastero. L’edificio si presenta come un qualcosa di estremamente valido in un contesto di architettura moderna; la funzionalità più completa e un buon gusto tipicamente moderno e privo di orpelli, si collegano chiaramente alle idee di Le Corbusier, caposcuola dell’architettura moderna.
L’edificio consta di una parte destinata al culto: il doppio coro per la preghiera notturna e diurna, orientati, uno verso il Tabernacolo e l’altra verso l’altare, servendo rispettivamente la recita notturna e l’altro al servizio Eucaristico; inoltre lo spazio riservato alle due assemblee ruota attorno all’altare in modo da formare un angolo retto.
La parte riservata all’abitazione delle monache conserva gli stessi caratteri di modernità e funzionalità senza però rinunciare alla fedeltà ad una tradizione che traspare anche nei dettagli: le piccole celle, il tavolato per dormire, l’angolo per la preghiera individuale, la nuda croce, la severità degli infissi e delle rifiniture. Originale e a vasto respiro, si presenta il refettorio.
Cala la sera, il monastero è ormai una sagoma nera che si staglia su un cielo ancora luminoso. La gente, a gruppi se ne va, si incrociano gli ultimi commenti, elogi e qualche critica.

Persa la sua destinazione conventuale, la struttura fu acquistata dal comune di San Donà di Piave nel 1982 per ospitare il museo cittadino.
L’idea originaria prevedeva una struttura museale relativa alla civiltà contadina del territorio; il museo nasceva infatti con la denominazione di "Museo delle genti del Veneto e del Basso Piave".
La duratura collaborazione con il Consorzio di Bonifica Basso Piave avviata già a partire dagli anni settanta garantì al museo una raccolta significativa di materiale sulla storia della bonifica, tanto che l’amministrazione comunale decise di mutare l’impostazione del museo. La denominazione originaria fu quindi modificata in "Museo della Bonifica". Il museo venne aperto al pubblico nel 1983.
A quell'epoca una parte dell’ex convento era già stata affittata a Polstrada e molte delle bellezze architettoniche del sito, tra cui gli spazi delle celle dedicati alle monache e la chiesa, con le loro straordinarie soluzioni geometriche, erano già precluse ai visitatori.

Clicca QUI per sapere tutto del Museo della Bonifica.

Grandi polemiche si scatenarono nel 2017 quando la Giunta Cereser, per favorire il mantenimento della sede di Polstrada a San Donà, decise di vendere (a un prezzo da molti giudicato esiguo) l’ala del convento che già la Polstrada occupava. Un Comune con maggiori risorse avrebbe potuto riacquisire quell’ala e annettere i suoi spazi a quelli del MuB, in modo da ricostituire l’originaria unitarietà dell’edificio di Bianchi e Zambusi. Ma così non fu. E così, nella situazione attuale, non è possibile percepire per intero le magnifiche soluzioni adottate dai due progettisti per disegnare gli spazi delle celle e gli sazi pubblici del convento.