Eroi della Resistenza

Gordiano Pacquola (1906-1988)

Nato a San Donà di Piave (Venezia) nel 1906 in una famiglia numerosa, avviato al lavoro subito dopo la scuola elementare, frequentata fino alla terza classe, a dodici anni esercitava il mestiere di scalpellino. Il padre era bracciante, salariato agricolo.

Le origini familiari e l’impegno manuale e fisico lo portarono a riflettere sulle dure condizioni di lavoro e di vita delle classi popolari. Abbracciò fin da ragazzo gli ideali socialisti e nel 1923, a 17 anni, aderì all’organizzazione giovanile del partito comunista, partecipando alle iniziative da esso organizzate. Ma l’attività politica dei comunisti si rivelò sempre più difficile e piena di rischi: schierarsi dalla parte dei lavoratori significava lo scontro quotidiano con i fascisti, che praticavano la violenza a tutela degli interessi padronali. Pacquola, insieme a tanti altri compagni, si oppose dapprima alle loro prepotenze, poi, nel 1925 fu costretto a cercare lavoro in Francia. Entrò così in contatto con gli ambienti più attivi dell’emigrazione italiana. Si impegnò nell’attività verso gli emigrati e nelle lotte sociali e subì per questo, anche nella capitale francese, arresti e persecuzioni.

Diventato membro attivo del PCI, per la sua intelligenza e determinazione venne chiamato a operare clandestinamente. Nel 1930 è a Mosca, per sette mesi, alla scuola di partito. Nel 1931 si trova in Italia, è uno dei collaboratori di Pietro Secchia nella preparazione del IV Congresso del PCI. Paolo Spriano, nella sua “Storia del PCI”, lo cita tra i numerosi comunisti condannati dal Tribunale Speciale.

“Ma sono le sentenze dei 1931 a dare la misura dello sforzo intrapreso con la svolta e del suo corso. Non passa settimana senza numerose condanne. Segnaliamo quella a 10 anni di Gilardi, quella del pescatore Carlucci a 4, quella del barbiere Garagnani a 6 (come per lo stradino Righi), quella del tipografo Remo Polizzi a 12, quella di interi gruppi di comunisti romagnoli di “base” tra gli uno e i sei anni (ma per ii commerciante Vannoni di Ravenna sono 12), quella di Ettore Vacchieri (un meccanico torinese che andrà a morire in Spagna nelle Brigate Internazionali) a 12 anni. È la stessa pena che tocca al fratello di Silone, Romolo Tranquilli (che morirà l’anno dopo in carcere). I processi alle organizzazioni emiliane sono i più numerosi. Il Tribunale Speciale, di fronte alla misura di massa del fenomeno, e molto cauto: per una parte assolve, per l’altra infligge condanne meno pesanti. Ma quando si tratta di dirigenti gli anni salgono. Il triestino Ferrer Visentini è condannato a 9 anni, l’alessandrino Giovanni Villa a 7, il giovane intellettuale Leo Valiani — arrestato nei febbraio del 1931 a Fiume — a 12, Celso Ghini a 17. Ferdinando Maggioni a 12, Claudio Melloni a 12, Giovanni Gilardi a 10, Antonio Cicalini a 8, Paolo Baroncini a 15, Mario Gazzotti a 14, Gordiano Pacquola a 14 e Pietro Secchia a 17.
La sentenza n. 4 del 28-1-1932 riporta il nome del cementista Gordiano Pacquola tra quelli di alcuni dirigenti del centro interno del PCI, che operano nella direzione degli stabilimenti industriali di Torino e nei rioni periferici operai. Imputazioni: costituzione del PCI, appartenenza allo stesso e propaganda.
In carcere, prima a Civitavecchia e poi alla Casa di Pena di Padova, incontrò altri dirigenti, come Ravagnan, Scoccimarro, Flecchia, Santhià, Parodi e migliorò la sua preparazione politica.
Uscito dal carcere per amnistia, fu sottoposto a sorveglianza speciale. Eludendo però le misure di polizia, Pacquola, che per vivere faceva lo zoccolaio, riprese contatto con l’organizzazione comunista che operava nella clandestinità. Diventò un punto di riferimento importante per i comunisti e per gli antifascisti.

Nel 1938 si sposò con Elisa Zanuto, da cui ebbe una figlia, Edda.

Nel 1942 è segretario della ricostituita Federazione di Venezia. Dopo l’8 settembre 1943 viene chiamato presso la Federazione di Padova. Aveva già conosciuto Raffaella Luisari e la sua famiglia. Stabilisce il collegamento con Gino Sgarabottolo, i Passi (il ferroviere Fortunato e i figli Gastone e Mario), Pietro Franchini e altri. Contribuisce a ricomporre l’unità del gruppo padovano, lavora pure in direzione delle fabbriche. Nella città, centro di “comando” della Resistenza triveneta, dove operano degli uomini eccezionali come Egidio Meneghetti, Silvio Trentin e Concetto Marchesi, Pacquola dedica la sua attività al reclutamento e alla formazione di molti giovani, studenti e lavoratori, li prepara alla lotta. Quando si concretizza l’obiettivo di sviluppare la lotta armata nell’Alto Vicentino, sale anche lui a Malga Campetto, sopra Recoaro. Ha 38 anni. I mesi di gennaio, febbraio, marzo 1944 lo vedono, con i partigiani di Zanella Raimondo “Giani”, sui monti di Recoaro, Marana, Crespadoro e Durlo. Il suo nome di battaglia è “Oreste”. Nell’aprile 1944 raggiunge con “Franco” l‘Altopiano di Asiago. Dà il suo contributo di esperienza e di capacità, con la funzione di commissario politico, al consolidarsi della formazione partigiana che opera nella parte occidentale dell’Altopiano e che, poi, ha assunto il nome di Brigata “Pino”. Ai primi di giugno viene arrestato a Vicenza e deportato in Germania.

Bruno Bazzacco (“Giorgio”) in seguito racconterà che, nel periodo del gruppo di “Malga Campetto”, “Oreste” svolgeva il ruolo di commissario e “alla sera teneva delle conversazioni politiche“. Augusto Slaviero “Blasco”, nel suo opuscolo Parla uno della Garemi, narra che “Oreste”, nelle lunghe veglie in Altopiano, raccontava ai garibaldini i particolari più salienti della vita dei partigiani lassù a Campetto. Fra i primi partigiani che hanno dato vita alle formazioni garibaldine nell’Alto Vicentino, alle Garemi, Gordiano Pacquola è certamente un elemento di grande preparazione ed esperienza politica.

La guerra si conclude per lui con un lutto: il cognato Verino Zanuto è impiccato dai fascisti il 22-4-1945 a Meolo (Venezia), all’età di trent’anni.

Ritornato a casa dopo la Liberazione, il 15 settembre 1945, è riconosciuto in qualità di ispettore tra i quadri del comando del “Gruppo Divisioni A. Garemi”. Riprende il suo impegno per il miglioramento delle condizioni sociali e politiche dei lavoratori. ed è eletto segretario della Camera del Lavoro di San Donà. Collaborano con lui Giovanni Bortoletto, Beniamino Feruglio e tanti altri.

Poi, nel 1947, va a lavorare come operaio alla Vetrocoke di Marghera fino all’età della pensione. I compagni di lavoro, riconoscendo la sua capacità e la sua tempra di dirigente, lo eleggono più volte membro della commissione interna. Per 15 anni è anche consigliere comunale del PCI a San Donà.

Muore nel 1988, a San Donà, all’età di 82 anni, e il suo funerale si tiene il 7 marzo. Davanti a una grande folla di cittadini, amici, partigiani e compagni di lotta, vecchi e giovani, “Oreste” viene commemorato dal sindaco della città e da Gianni Pellicani, membro della Segreteria Nazionale del PCI”.

Gli sono stati dedicati dalla pubblica amministrazione il campo sportivo e una via di Meolo.