Monsignor Angelo Dal Bo (1910-1974)

Arciprete di San Donà dal 1961 al 1974

Nato nel 1910 a San Trovaso (Treviso), don Angelo Dal Bo fu consacrato sacerdote nel 1935.

Per un anno fu cappellano a Paese e poi sacrista nella Cattedrale di Treviso.

Mostrando una particolare predilezione per l’apostolato tra i giovani, per dodici anni operò poi al Collegio S. Pio X, quale vicerettore. In seguito, quale parroco a Loreggia, fece costruire la Casa del Giovane, con aule per il catechismo, per il teatro, sale gioco, campi sportivi.





Il 3 settembre 1961, don Angelo Dal Bo entrava nella sua nuova Parrocchia di Santa Maria delle Grazie di San Donà di Piave, accompagnato dal vescovo monsignor Mistrorigo.
(Vedi foto sotto)

Il nuovo Arciprete aveva 51 anni. Subentrava a padre Virginio Quaggiotto, che aveva amministrato per alcuni mesi la Parrocchia dopo le dimissioni per raggiunti limiti di età di mons. Luigi Saretta.

Al suo arrivo, la Parrocchia del Duomo, ancora l'unica del centro cittadino, contava ben 18.000 abitanti.

Una settimana dopo il suo ingresso, egli ricordava nel suo programma pastorale l'unico scopo di lavorare "perché le anime vivano la vita divina e la vivano in abbondanza". In questo impegnativo compito di far "vivere le anime in grazia" vedeva un fondamentale strumento nei Ritiri ed Esercizi spirituali, nella Settimana Liturgica e in una grande Missione cittadina. Riteneva poi, certa, la collaborazione di tutte le forze pastorali della Parrocchia. "Mi farò vostro esempio di bontà, di gentilezza e di carità verso tutti, perché anche il vostro cuore sappia compatire, perdonare ed aiutare i fratelli... Dammi o Signore le anime e tieniti tutto il resto" (cfr. F.P. 10 settembre 1961).

Nuove parrocchie cittadine

Negli anni successivi monsignor Dal Bo avrebbe provveduto al delicato compito di avviare le nuove parrocchie cittadine, per una più efficiente ed efficace gestione pastorale: Mussetta (1963), San Pio X (1966), San Giuseppe Lavoratore (1971).

Le novità del Concilio Vaticano II

Egli guidò la progressiva introduzione nella chiesa sandonatese delle novità del Concilio Vaticano II, nella liturgia e nel coinvolgimento dei laici: il primo consiglio Pastorale Parrocchiale fu istituito nel 1968.

Il suo testamento spirituale

Del Pastore ci rimane il testamento spirituale, scritto quattro anni prima della morte:
“Io sacerdote don Angelo Dal Bo, dichiaro che intendo vivere e morire nel grembo della Santa Madre Chiesa Cattolica e in completa unione di volontà col Vicario di Cristo, al Romano Pontefice.
Faccio volentieri il sacrificio della mia vita, quale atto di sudditanza alla suprema Autorità e infinita Maestà di Dio, mio Creatore, Signore e salvatore; ed esprimo la seguente oblazione con la formula indulgenziata: «Signore Iddio, fin d’ora spontaneamente e volentieri, io accetto dalla vostra mano, qualsiasi genere di morte con cui vi piacerà di chiamarmi a voi, con tutti i dolori, le pene e gli affanni che l’accompagneranno».
Imploro perdono dall’infinita misericordia di Dio , degli innumerevoli scandali, peccati, offese e negligenze e infedeltà nel divino servizio e nell’esercizio del ministero, durante tutta la mia vita che per sua bontà si è compiaciuto di concedermi, e prego ora per allora: «Padre nelle tue mani raccomando il mio spirito».
Mi affido per quell’istante all’assistenza della mia dolcissima madre, Maria SS. che sempre in vita ho tanto amato e mi sono sempre adoperato per farla amare anche dagli altri; mi affido a S. Giuseppe Patrono dei moribondi; al mio Angelo Custode e a S. Angelo Martire, mio protettore, affinché «muoia l’anima mia della morte dei giusti».
Chiedo perdono a quanti, per colpa mia, avessero avuto a soffrire, assicurando che da parte mia, ben di cuore perdono quanti mi avessero fatto soffrire.
Dimentichino i miei buoni parrocchiani di Loreggia e di San Donà, e quanti mi hanno avvicinato nella mia vita, i cattivi esempi che posso loro aver dato, e ricordino solo i pochi buoni esempi che ho lasciato.
Posso sinceramente assicurare che ho sempre amato tutti nel Signore e che ho cercato solo il loro bene anche quando ho usato maniere un po’ forti, preoccupato sempre e solo della salvezza delle loro anime.
Il Signore mi ha dato la gioia di vedere e amare Cristo nei poveri e nei sofferenti.
Raccomando ai miei parrocchiani ancora due cose: di accogliere con fede e con riconoscenza al Signore, quale nuovo Padre delle loro anime, l’Arciprete che mi succederà e di seguirlo, aiutarlo e marlo come hanno fatto con me, negli anni in cui ho avuto la fortuna di vivere in mezzo a loro.
Raccomando infine alla loro preghiera la mia anima, assicurando di ricambiare dal Cielo con il ricordo, la preghiera, quanti si saranno ricordati di me.
Arrivederci in Cielo!”
Sac. Angelo Dal Bo S. Donà di Piave 15-2-1970

La malattia e la morte

Suo cappellano per dieci anni, don Marcello Cecchetto lo ricordava così: “[...] Monsignor Dal Bo era instancabile nelle varie attività pastorali. Era vicino e presente soprattutto nel catechismo dei ragazzi, presente sempre con i malati, con gli anziani, con i poveri. Nel 1972, se non erro, fu colpito dalla malattia, che durerà due anni e mezzo. Fu un lungo Calvario, tra cure in famiglia-canonica e con vari ricoveri negli ospedali a S. Donà e Udine. Nonostante la sua salute malferma, era sempre sereno, sapeva portare la sua croce quotidiana con pazienza, coraggio, accettazione della volontà di Dio. Ed era per noi cappellani un grande esempio.”

E ancora: “Già colpito da tempo da una malattia incurabile del sangue, in una sera dell’ultimo inverno della sua vita, mons. Dal Bo radunò i suoi cappellani per confidare loro il desiderio di rinunciare alla Parrocchia. Allora don Attilio Sacco, a nome anche di tutti gli altri, lo invitò a restare, perché potesse guidarli con la sua preghiera e sofferenza. A quelle parole il Parroco si tenne il volto con le mani e in lacrime rispose che sapeva che gli volevano bene…”

Mons. Angelo Dal Bo morì assistito in canonica alle 18.30 del 28 maggio 1974: come da suo volere, l’annuncio a tutta la cittadinanza fu dato dalle campane suonate a festa.
Il giorno seguente, la salma fu trasportata dalla casa canonica in Duomo. Si ebbe così un continuo passaggio di fedeli che pregavano per l’amato pastore.
Giovedì 30 maggio, alle 18 si tenne il partecipato funerale nel Duomo stracolmo di fedeli (molti non riuscirono ad entrare e rimasero all’esterno). Concelebrarono un centinaio di sacerdoti delle diocesi di Treviso, Venezia, Vittorio Veneto e Concordia, nonché vari religiosi, tra cui i salesiani. Presiedeva la cerimonia Mons. Mistrorigo, Vescovo di Treviso, che lo aveva accompagnato al momento del suo ingresso a San Donà e che lo definì “uomo di Dio, zelante pastore, il vero amico dei poveri, degli afflitti, dei traviati, che voleva ritornati all’ovile di Cristo”.
Terminato il sacro rito, moltissimi seguirono la salma sino al Cimitero di San Donà.