STORIA di SAN DONÀ
1903: la grande alluvione

Negli ultimi giorni del mese di ottobre del 1903 una potente massa d'acqua, provocata dalle forti piogge di quei giorni, arrivò nel basso corso del Piave, e premeva contro gli argini. Il 31 ottobre la furia delle acque, giunta al massimo culmine, causò la tracimazione, e ruppe le barriere che erano state innalzate a protezione del territorio, inondando vaste aree del Basso Piave.
La prima rotta si verificò a valle di Fossalta, allagando un'area abbastanza contenuta nello stesso Comune di Fossalta e a Musile, lasciando libera dalle acque solo una piccola parte dei rispettivi centri urbani; la rotta più grave si ebbe invece a sud-est di San Donà, appena a valle della Testadura, in prossimità delle case della proprietà Giusti. Le acque invasero una vastissima porzione del territorio comunale, dalla ferrovia al canale Grassaga, con tutte le frazioni da Calvecchia e Fiorentina, fino a giungere a Cittanova, Isiata e Palazzetto.
Il capoluogo di San Donà fu risparmiato in gran parte, giungendo le acque solo fino all'altezza del [vecchio] cimitero.

Oltre alla gravissima perdita di vite umane, vi furono danni ingenti per l'agricoltura e agli allevamenti, alle abitazioni e alle povere risorse materiali degli agricoltori e dei braccianti. Intervenne l'esercito con grosse barche per salvare i superstiti sperduti nelle campagne e per portare gli aiuti necessari. Si mobilitò l'opinione pubblica attraverso le Amministrazioni dei Comuni colpiti e tutte le forze politiche e sociali dell'intero Nord Est veneto.

Il Consiglio comunale di San Donà, dopo aver appreso i dati del disastro esposti dalla Giunta in un corposa relazione, in un'epica seduta il 22 novembre si unì alla volontà della Giunta per un'azione completa di mobilitazione di tutte le forze politiche e sociali nell'ottica della salvaguardia e della sicurezza del Basso Piave.

Così deliberò il Consiglio:

“FA VOTI

che il governo, con appropriata larghezza di dispendio, provveda subito alla sicurezza di queste popolazioni, mediante la difesa la quale meglio contenga le piene poderose del Piave, e ci suggerisca contro le festività anni violenze delle sue mosse, onde ne derivano improvvisi disastri, che distruggono una somma meravigliosa di lavoro e di ricchezza;

plaude ed approva la relazione della giunta
e DELIBERA

di indire un pubblico comizio da tenersi in San Donà di Piave, al quale siano invitati i deputati al parlamento nazionale, i presidenti delle deputazioni provinciali di Venezia e Treviso, i consiglieri provinciali di Treviso, Oderzo e San Donà, e le rappresentanze comunali di tutti i Comuni interessati, per discutere e deliberare i provvedimenti necessari a tutelare, in via definitiva e durevole, le vite e gli averi delle popolazioni rivierasche del corso inferiore del Piave”.

Il comizio si tenne a San Donà la mattina del 17 gennaio 1904 con grande partecipazione di autorità civili. Al termine della riunione il sindaco Giuseppe Callegher spediva al Presidente del Consiglio dei Ministri e ai ministri dei Lavori Pubblici e del Tesoro il seguente telegramma:
“Odierno comizio presenti Senatore Pellegrini, Deputati Bertoldi Manzato Fradeletto Tecchio Galli Rizzo Bianchini Toaldi Pascolato rappresentante Provincia e Camere Commercio Venezia, Treviso tutti i comuni interessati aderenti altri Senatore e Deputati plaudendo azione esplicata dopo recente sventura Prefetto Venezia unanime votò Ordine del Giorno col quale fa voti per una radicale definitiva sistemazione del Piave reclama esecuzione lavori urgenti difesa centri abitati periodicamente esposti umani e sventure e tutela delle vite compromesse di queste popolazioni. Sindaco Callegher.
L'azione congiunta di tutte le forze politiche sollecitò l'iniziativa del Governo per venire incontro alle esigenze reclamate in sede locale, ma nel marzo successivo si procedeva ancora a rilento. L'onorevole Egisto Zabeo scriveva al Presidente del Consiglio dei Ministri (Giolitti) riportando il testo di un altro telegramma del sindaco Callegher in data 29 marzo di quell'anno, nel quale sindaco di San Donà si dichiarava preoccupato perché il Genio Civile aveva sospeso il progetto per il lavoro di rialzo delle avventure di fronte all'abitato per iniziare degli studi sul sistemazione complessiva del fiume Piave, mentre urgeva tutelare innanzitutto la vita delle popolazioni rivierasche “che protestano indignate”. L'onorevole Zabeo concludeva la sua lettera al Presidente del Consiglio raccomandando l'importanza della questione e chiedeva un riscontro per tranquillizzare le sventurate popolazioni del Basso Piave. L'onorevole Giolitti scrisse il 6 aprile una nota al Ministro dei Lavori Pubblici, Tedesco, e, richiamando il contenuto della lettera di Zabeo, così concludeva: “La prego di mettermi in grado di dare una risposta al deputato Zabeo il quale ha sollecitati i proposti lavori. Cordiali saluti, Giolitti” Il ministro onorevole Tedesco in data 9 aprile rispondeva in questo modo: “Illustre Presidente, il collega Zabeo ha comunicato anche a me il telegramma speditovi il 29 marzo dal sindaco di San Donà di Piave, per interessarlo a sollecitare dal Governo i provvedimenti relativi alla difesa di quel Comune e degli altri rivieraschi del Piave, dai danni di piena. Ho risposto subito al collega per rassicurarlo di ciò che era stato fatto in proposito e accertandolo dell'interessamento del Governo per la risoluzione di questo importante problema. E gli ho accennato pure al disegno di legge già presentato alla Camera per richiedere un fondo di circa 2.900.000 Lire, stimato necessario far sistemare in modo definitivo gli argini di quel corso d'acqua”.
I lavori furono realizzati ma purtroppo durante la prima guerra mondiale tutti gli argini saranno intrappolati in più punti per le esigenze mediche o danneggiati dalle esplosioni di bombe e granate.