STORIA di SAN DONÀ
dal 1903 al 1914

Morte del vescovo. Nuovo vescovo

Il 1903 si era concluso con un nuovo dolore per la diocesi di Treviso: in dicembre era morto il vescovo Giuseppe Apollonio.

Nella necessità di nominare il successore di Apollonio alla cattedra della “sua” Treviso, papa Sarto si ricordò di frate Andrea Giacinto Longhin, un cappuccino di Fiumicello di Campodarsego (Padova) che godeva di buonissima fama e il 16 aprile 1904 lo nominò vescovo di Treviso, compiacendosi di avere “scelto uno dei fiori più belli dell’Ordine dei cappuccini” per la propria diocesi; il giorno dopo lo consacrò vescovo a Roma. I sandonatesi ricordarono che frate Andrea era già venuto in paese a predicare in uno degli anni passati; e già allora aveva fatto l’impressione di un santo. La soddisfazione nel clero e nella popolazione diocesana tutta non poteva essere più grande: un vescovo “nostro” era donato alla “nostra” diocesi da un Papa “nostro”.
Il vescovo Longhin si insediò a Treviso il 6 agosto, deciso di essere il buon pastore che non avrebbe risparmiato “né fatiche né sacrifici, disposto a dare” per la sua chiesa tutto il suo “sangue e la vita stessa”.

Vicende nazionali...L’8 luglio l’istruzione obbligatoria era stata protratta (nominalmente) fino al dodicesimo anno di età.
A metà settembre fu proclamato uno sciopero generale che da Milano si estese sino a Roma, il primo sciopero generale della storia d’Italia. Sciolte le camere, in novembre si tennero nuove elezioni che registrarono la sconfitta dell’estrema sinistra e una forte ascesa del partito socialista, in particolare della corrente riformista.

1905

All’inizio di giugno il fisico Einstein spiegava, tramite la teoria dei quanti, l’effetto fotoelettrico, ossia perché la quantità di elettroni emessi da un colpito dalla luce, sia inversamente proporzionale alla lunghezza d’onda della luce stessa e non dipenda dall’intensità di radiazione. Alla fine del mese il genio di Ulm spiegava la sua teoria della relatività: dato che la velocità della luce è la stessa in qualsiasi sistema di riferimento, spazio e tempo devono essere “relativi”. Erano notizie di un altro mondo.
Tra le due pubblicazioni si inseriva temporalmente l’enciclica di papa Pio X “Il fermo proposito”, con la quale papa Sarto delineava la necessità della partecipazione del cattolici alla vita pubblica, per il “supremo bene della società”, limitando il principio del non expedit stabilito in occasione delle elezioni dell’anno prima.

La visita pastorale pastorale del 1905

Le parrocchie erano state invitate a preparare la prossima visita del vescovo con un triduo di esercizi spirituali, perché “Lo scopo della visita deve essere solo quello del bene delle anime. Il pranzo e la cena siano frugalissimi, con la presenza dei Sacerdoti residenti in Parrocchia. In questa occasione venga amministrata la Cresima, non la Prima Comunione; i fedeli ricevano dalle mani del Vescovo l’Eucaristia”.
Il parroco Giovan Battista Bettamin...

Tanta pellagra...

Il municipio, in aggiunta al sale gratuito e all'istituzione di una locanda sanitaria, stabilì l’impianto di un forno municipale per dare alla campagna pane sano e nutriente a buon prezzo, ma purtroppo questi provvedimenti, slegati tra loro, risultarono insufficienti a debellare la pellagra. Le locande sanitarie non erano alla portata dei veri pellagrosi sparsi nella campagna, distanti dal centro.

1906

In febbraio, alla caduta del governo Fortis subentrò il governo Sonnino. Al Metropolitan di New York, nell’opera Fedora in cui cantava il tenore Caruso, grave scandalo suscitò il bacio in scena tra i due protagonisti.
In pubblico dava scandalo anche il bacio tra fidanzati. Nelle storie d’amore della campagna sandonatese raramente entravano i baci.

Caruso fu subito punito: il 18 aprile San Francisco fu distrutta da un violento terremoto e dal susseguirsi degli incendi provocati dal sisma. Il tenore, in città per cantare la Carmen, uscì fortunatamente incolume dall’albergo in cui alloggiava. I baci sono leciti solo all’interno del matrimonio.

Uno sguardo d'insieme su San Donà

Quando, a seguire il Plateo, si stava dunque per raggiungere la meta della completa redenzione del territorio (era il 1906),
il paese [poteva] ben a ragione menar vanto di laborioso e compiacersi di essere trasformato da landa inospite in campagna lussureggiante di piante fruttifere e di messi copiose. Quanto al miglioramento del centro abitato meritano speciale menzione, come opere pubbliche affatto nuove, la Piazza dell’Indipendenza, il grandioso palazzo degli Uffizi pubblici, l’edifizio scolastico, il porticato, il teatro sociale, il campanile, il cimitero, l’orologio pubblico, il carcere mandamentale, le lapidi ai difensori della patria, i ricordi marmorei a Vittorio Emanuele Il, Cavour e Garibaldi, l’illuminazione a gas, il palazzo della Banca, le piantagioni nei viali dei Tigli, Iesolo, della stazione ferroviaria, Margherita e ai lati della chiesa. Per la parte privata poi sarebbe difficile una menzione anche ristretta sul miglioramento edilizio, perché le case di legno coperte di loppa sono state quasi tutte sostituite da allegre abitazioni, e molte case nuove vennero costruite nel centro e nella campagna (Nella campagna vi sono abitazioni civili antiche, come quella della famiglia Trentin a Mussetta, costruita nel 1431). Il movimento della popolazione, che nel 1862 segnava 6070 abitanti, oggi ne segna 11593 al 31 dicembre 1906, senza tener conto di 2000 conterranei, che si trovano nel Brasile e in altri paesi del nuovo mondo.

E ancora il Plateo ricordava che

lo spirito d’associazione ci ha dato inoltre una Banca Popolare, una Società Operaia, un Sindacato Agrario, due Cooperative per incetta bozzoli ed altre simili istituzioni. La Società Operaia nel suo seno ha accolto una sezione speciale per la costruzione di case operaie. Le esigenze del commercio richiesero una pesa pubblica, due molini a vapore, una fiera equina, una stazione equina di monta governativa, un foro boario, fabbriche di gazose, distillerie, fabbriche di laterizi, grandi magazzini, alberghi, trattorie, macellerie ecc. I mercati da modesti sono diventati importanti. I progressi dell’istruzione pubblica si riassumono nel numero delle scuole da 3 a 16, degli alunni da 100 a 1000, dei laureati, da 2 a 30, nonché nella istituzione di biblioteche circolanti, di un patronato, di un giardino infantile, della direzione didattica, ecc. Occuparono ed occupano ancora un posto distinto in questa categoria le società ginnastica, di tiro a segno nazionale e filarmonica, la sezione della Dante Alighieri e quella magistrale, gli edifizi delle scuole urbane e rurali. L’idea dell’impianto di un Ospitale Civile distrettuale, dopo mezzo secolo di sonno, fu ridestata; si raccolse in breve un fondo di oltre centomila lire e si costituì l’amministrazione, che acquistò anche l’area per l’erezione dell’edifizio; l’inizio dei lavori però è atteso da qualche anno con impazienza!

L'area era stata acquistata sul lato destro di viale Regina Margherita.

Dal punto di vista edilizio il centro abitato poteva dirsi nuovo. Non mancavano i ricordi marmorei ai fattori della unità e libertà nazionale e ai caduti pugnando per la santa causa. Tutto lasciava immaginare una magnifca sorte e progressiva per il paesotto che si avviava a divenire città... Eppure c'era una ma...

Pellagra, pellagrosi e pellagrosario

Rilevava il Plateo:
Generalmente si attribuisce il merito di questa rapida trasformazione al capitale associato all’attività intelligente di pochi agricoltori, ma ciò non sembra esatto, perché senza la fertilità del suo suolo e senza la poderosa opera di ottimi lavoratori della terra, non avrebbe potuto compiersi.

I nostri contadini non hanno chi li superi nei lavori della terra. In Germania, guadagnano il doppio dei contadini del luogo e il triplo di quanto guadagnano i loro fratelli in patria; per cui vivono all’estero discretamente, bevendo qualche bicchiere di buona birra di più, riescono a pagare il viaggio d’andata e ritorno, e a risparmiare qualche centinaio di lire in pochi mesi.

Eppure questi modesti gregari mancano oggi di quell’agiatezza che loro era concessa quando lavoravano meno sotto i nobili veneziani; per cui si sente ripetere per S. Donà ciò che disse l'illustre Senatore Jacini, commissario dell’inchiesta agraria trent’anni addietro per la Lombardia, e cioè che è doloroso constatare come in una zona agricola privilegiata il contadino «cada spossato dalla fatica, dall'inedia, dalla pellagra!»

Il pauperismo, l’endemia pellagrosa, e l’emigrazione costituiscono la nota melanconica, della quale uno storico imparziale non può disinteressarsi. Il pauperismo è cosa vecchia quanto il mondo, abbia esso per causa il dominio del latifondo che provocò le leggi agrarie dell’antica Roma, o l’affittanza impresaria, oppure il clima, l’educazione o altre cause, ma l’emigrazione e la pellagra sono due piaghe sociali curabili. Non v’ha dubbio che qui da noi l’aumento allarmante della pellagra deriva principalmente dalla larga coltivazione del mais e dall’uso quasi esclusivo di esso nella alimentazione dell’umile, il quale consuma l’infima qualità. Il mais, per ragioni d’altimetria, per esuberanza di corsi d’acqua che producono le nebbie, specie nella stagione autunnale, non può sempre maturare perfettamente; per cui la parte non scelta porta con sé il germe del male tanto temuto e così poco curato. Di fatti, qual è la classe maggiormente colpita dalla pellagra? Quella del bracciante, che acquista il mais estero avariato, perché costa meno. È certo che la statistica ha serbato a S. Donà un primato poco ambito nella provincia e nel regno, tanto per il numero dei suicidi di pellagrosi e dei colpiti da frenosi pellagrosa, quanto per quello dei ricoverati nel pellagrosario di Mogliano, e dei curati a domicilio. E mentre altrove sono in pregio gli esercizi per rinvigorire le generazioni con serena giocondità, qui i progressi della degenerazione si manifestano con doloroso silenzio coll’aumento della percentuale d’inabili al servizio militare e in altro modo. Nell’ultimo triennio il registro per la somministrazione del sale gratuito ci offre i seguenti dati:

	Anno       	N.° pellagrosi
prima del 1904		mediamente meno di 200 
	1904				370  
	1905				539 
	1906 				669

notando che nei due ultimi anni funzionarono le locande sanitarie con 212 presenze giornaliere nel 1905 e 214 nel 1906

Una recente inchiesta, eseguita per incarico della commissione provinciale pellagrologica, onde accertare la realtà di questi sconfortanti progressi, ha trovato il numero dei pellagrosi molto superiore!

E ancora chiosava:

Il giorno in cui si comprenderà il dovere di porre un argine alla decadenza fisica e morale del popolo; quando l'infezione pellagrosa non sarà considerata unicamente come una intossicazione del corpo, ma anche come una depressione dello spirito, come un principio di degenerazione fatale, trasmissibile di padre in figlio, causata da una nutrizione inumana imposta da ragioni peculiari economiche, non sarà difficile trovare il rimedio.
Noi ci auguriamo quindi che Governo, Provincie, Comuni e possidenti sentano il bisogno di pronti ed efficaci provvedimenti di ordine legislativo, sociale, economico e sanitario che cancellino questa vergogna nazionale. Quanto all’emigrazione c’è da sperare che l’equilibrio economico, favorito dalle bonificazioni dei terreni paludosi, permetta in avvenire al contadino di vivere meno stentatamente in patria senza danno e noia del possidente.

1907

Il 15 aprile il sacerdote Romolo Murri, fervido sostenitore dell’impegno politico dei cattolici, fu sospeso a divinis. Un mese dopo l’opera Les Demoiselles d’Avignon di Pablo Picasso segnava l’inizio del Cubismo.
In diocesi il vescovo Longhin, viveva in austerità e povertà cappuccina, e si distingueva per l’importanza che dava all’annuncio della parola. Sull’esempio del suo papa (Pio X), il “vescovo del catechismo” assecondava l’ansia apostolica dell’insegnamento del catechismo ai fanciulli, nei circoli delle associazioni giovanili e agli uomini cattolici, con gare di cultura, giornate di studi, scuole di catechisti. Amava e seguiva come un padre i suoi sacerdoti, avendone specialissima cura sin dal seminario, predicando ritiri mensili ed esercizi spirituali, seguendoli per le 213 parrocchie. Il 12 agosto 1907 papa Sarto lo definì: «...uno dei miei figli primogeniti, che ho regalato alla diocesi prediletta, ed esulto tutte le volte che mi si riferiscono le lodi di lui, che è veramente santo, dotto, un vescovo dei tempi antichi, che lascerà nella diocesi un’impronta indelebile del suo zelo apostolico».
Ma il papa in quei giorni era preso da altre preoccupazioni: l’8 settembre, con l’enciclica Pascendi dominici gregis condannava il “Modernismo” che si prefiggeva la critica ai Testamenti per sottrarla alla rigidità del dogma: si comincia col criticare una cosa secondaria e si finisce per mettere in discussione tutto.

In quel 1907, in occasione del XXV anniversario della fondazione della Società Operaia di Mutuo Soccorso G. Garibaldi, lo storico Teodegisillo Plateo donava all’Amministrazione comunale e alla comunità tutta il resoconto dei suoi studi sulla storia locale, intitolandolo IL TERRITORIO DI S. Donà NELL'AGRO DI ERACLEA – CENNI STORICI - PUBBLICATI A BENEFICIO DELLA SOCIETA' OPERAIA GIUSEPPE GARIBALDI (con quel S. Donà in minuscolo, e con l’accento, che la dice lunga sulla ineguagliata profondità dell’autore). Se con dedica

ALLA RAPPRESENTANZA COMUNALE DI S. Donà DI PIAVE – IN SEGNO DI GRATITUDINE – L'AUTORE OFFRE QUESTO TENUE LAVORO – ISPIRATO DAL VIVO AFFETTO CHE LO LEGA AL PAESE
ancor più appassionata era la sua dedica AL LETTORE, che qui vi ricopio:

AL LETTORE

Nella parte orientale del territorio di S. Donà di Piave e in quella occidentale del limitrofo Comune di Grisolera in antico esisteva l’isola Melidissa, trasformata in penisola verso la metà del secolo VI dell’era volgare e più tardi in città marittima col nome di Eraclea. Distrutta Eraclea al principio del secolo IX e riedificata in parte quando era ridotta a luogo di terraferma, prese il nome di Cittanova. Nel territorio eracleese esiste pure una borgata importante col nome di Fines, situata dove oggi si trova S. Donà. Molti scrittori hanno accennato a queste città e borgate distrutte nel cantare le glorie della Venezia adulta e per vantar le bellezze artistiche della fata delle lagune, ma ben pochi si sono occupati diffusamente della Venezia fanciulla che fu prima a scorgere negli spazi infiniti del mare il suo grande avvenire. Io ho raccolte e coordinate varie notizie da fonti diverse, sparse qua e là, ho tenuto conto delle poche vestigia di edifizi, di strade romane e di alcuni frammenti di statue, di qualche colonna spezzata, di iscrizioni sepolcrali, indecifrate, di altre iscrizioni lapidee, delle ossa umane e di alcune monete dissepolte, per rendere il modesto lavoro meno incompleto. Lo studio abbraccia 18 secoli e mira principalmente a ricordare che la terra in cui viviamo fu abitata da un popolo industre, nato alla vita libera, degno di grandi destini, che questo popolo conobbe la potenza del lavoro e del traffico prima degli anglo­sassoni; che Eraclea raccolse gli avanzi gloriosi della civiltà greca e latina, e che ai figli d’Eraclea e loro discendenti spetta il vanto d’aver innalzata la repubblica marittima agli splendori di Sparta e di Roma. Mira poi a ricordare Melidissa, Cittanova, Fines, nonché la fondazione, le vicende e i progressi di San Donà coi pochi particolari consentiti dalla brevità del lavoro. E’ uno studio d’occasione ispirato dall’affetto che mi lega a S. Donà e dal desiderio che possa invogliar altri, di me certo più competenti, a far qualche cosa di meglio.

S. Donà, Settembre 1907.

TEODEGISILLO PLATEO

Ma per chi voglia tutto il libro Ecco qui l’intera opera, in versione .pdf

Altri, come auspicava l’autore, sarebbero venuti dopo di lui (e qui ricorderò in particolare Dino Cagnazzi) a raccontare altri dettagli, ma l’opera di Plateo rimane insuperata per qualità e quantità di informazioni. Molte delle parti di queste pagine le devo a lui.

Il 17 ottobre l’Europa e l’America erano collegate da un regolare servizio radiotelegrafico.

1908

L’Impero Austroungarico si annetteva la Bosnia-Erzegovina e la Serbia si mobilitava perché vedeva sorgere ostacoli alla creazione di una Grande Serbia. Il 28 dicembre un violento terremoto distrusse Messina: centocinquantamila le vittime.

1909

Il 7 marzo 1909 si tennero le elezioni politiche, una settimana dopo vi furono i ballottaggi, su quasi tre milioni di maschi aventi diritto votarono un milione e novecentomila elettori, si registrò il successo dell’estrema Sinistra ma la maggioranza giolittiana – i Ministeriali – rimase sostanzialmente intatta.

1910

Nel 1910 Pio X emanò il suo catechismo che generazioni di bambini avrebbero imparato a memoria. (Clicca QUI per leggerlo)
Pio X emanò anche un ‘Motu proprio’ riguardo alla concessione delle indulgenze, in seguito al quale la Curia di Treviso avviò una ricognizione delle reliquie e dei documenti originali presenti nelle varie chiese parrocchiali.

Sguardo su San Donà alla vigilia della Prima Guerra Mondiale

Per poter capire meglio la crescita di San Donà agli inizi del XX secolo è utile vedere come si svilupparono le attività agricole, tradizionale settore trainante dell'economia sandonatese, ma anche notare i segni positivi dei settori del secondario e del terziario. La crescita appariva evidente in tutte le manifestazioni economiche e imprenditoriali dell’attività locale. Il dinamismo era significativo e, di pari passo alla crescita economica, procedeva, logica conseguenza, la ridefinizione dei parametri di sviluppo del centro urbano.
La situazione sandonatese era già mutata rispetto agli scenari ottocenteschi e si facevano avanti sulla scena anche i possibili interessi delle categorie economiche e di ben strutturati i gruppi di pressione che in qualche modo potevano, se non condizionare, almeno indirizzare le azioni degli attori istituzionali.

L’8 dicembre 1910 il Consiglio Comunale nominò una apposita Commissione composta dai consiglieri De Colle, Trentin e Guiotto, affinché studiasse le linee fondamentali di un nuovo piano di ampliamento del centro abitato che desse una risposta ai nuovi bisogni conseguenti alla crescita della popolazione e alla intensificazione dei traffici.
In alcuni mesi, la Commissione produsse un elaborato che venne distribuito ai consiglieri che definiva le aree e individuava i tracciati delle possibili nuove strade, immaginava lo spostamento del Foro Boario, progettava la rete dell'acquedotto e del gas, e disegnava le zone espropriabili per pubblica utilità e le nuove aree fabbricabili. Il Consiglio comunale avrebbe dovuto esprimersi per legge, con la cosiddetta doppia lettura, anche al fine della dichiarazione della pubblica utilità. Il piano avrebbe poi dovuto essere pubblicato e depositato per le eventuali osservazioni che sarebbero state successivamente esaminate ai fini dell'accoglimento oppure respinte. Solo una volta ottenuta l'approvazione delle superiori autorità sarebbe stato possibile richiedere l'emissione del definitivo decreto reale.
La relazione preliminare, attraverso la quale il Consiglio avrebbe dovuto votare gli indirizzi per la successiva elaborazione del Piano, fu esaminata per la prima volta nella seduta consiliare del 2 agosto 1911. A una richiesta di differimento presentata dal consigliere Bortolotto, tendente ad acquisire una maggiore partecipazione di consiglieri vista l'importanza dell'argomento, rispose il consigliere Velluti, che si espresse invece per la prosecuzione della seduta per l'urgenza di dare una concreta risposta alle necessità del paese in crescita: senza regole pubbliche, l'espansione delle attività private in atto avrebbe potuto condurre a uno sviluppo indiscriminato, a svantaggio dell'interesse pubblico.
Anche i consiglieri Guarinoni e Trentin caldeggiarono il rinvio ma il sindaco si oppose, ritenendo motivo non sufficiente l'assenza di alcuni consiglieri, essendo assicurato il numero legale.
Scrive Casagrande: “La malizia maturata in tanti anni di attività amministrativa mi potrebbe suggerire un collegamento tra l'insistenza di ritardare la discussione e la possibile presenza di nascosti interessi ma la scarsa documentazione esistente non permette di avvalorare in alcun modo la tendenziosa supposizione”.
L'intervento del sindaco si distingueva per il tentativo di portare avanti una accorta mediazione: era opportuno sfruttare l'occasione per esaminare almeno in parte la proposta, per esprimere delle idee, per confrontarsi sui contenuti fondamentali del Piano. Il sindaco confermò che la Giunta non aveva partecipato in alcun modo ai lavori della Commissione e che quindi tutte le proposte erano state mantenute nel più stretto riserbo, al fine di evitare speculazioni possibili. La Giunta non era in grado in quel momento, secondo il sindaco, di esprimere una propria valutazione sul delicato affare.
Dopo l'osservazione del consigliere Ancillotto sulla necessità che la Giunta esprimesse le sue valutazioni per non rendere sterile la discussione, l'avvocato De Colle, membro della Commissione, smentì in parte il sindaco riferendo che, pur se non nei dettagli, il progetto del Piano era stato illustrato nelle sue linee generali alla Giunta, che aveva anche autorizzato la stampa della relazione e la distribuzione ai consiglieri.
Il sindaco venne finalmente allo scoperto asserendo che la proposta fatta dalla Commissione era talmente lontana dalle idee della Giunta che l’ esprimerle avrebbe portato a un dissidio insanabile.
Si dolse di ciò il consigliere Trentin non comprendendo l'opposizione del sindaco ed evidenziando che gli indirizzi della Giunta erano invece stati presi in considerazione dalla Commissione. L'avvocato De Colle asserì che la Commissione aveva solo formulato delle proposte e non un vero e proprio progetto, e tali proposte tenevano conto dei bisogni di un venticinquennio - tale era la durata del Piano - che il paese nel suo continuo espandersi chiedeva di regolare. Inoltre la popolazione in crescita rendeva assolutamente necessaria l'individuazione di nuove aree edificabili.
Si formularono poi iniziative per un ordine dei lavori alternativo, per discutere preliminarmente il progetto della rete fognaria, affinché lo sviluppo procedesse di pari passo con l'apertura di nuove strade. Dubbi furono espressi da altri consiglieri, sia sulla tenuta economica del Piano in base alle risorse comunali sia sulle previsioni. Il sindaco ribadì che una volta che la Giunta e quindi il Consiglio avessero vincolato dei terreni era necessario attuare quanto era stato previsto: il Piano andava quindi parametrato alle risorse che oggettivamente si sarebbero potute mettere in campo. Con queste osservazioni, indirizzate verso una ricalibratura economica del piano stesso, ogni decisione fu rinviata ad altra successiva seduta.

La pausa di riflessione non fu spesa inutilmente tanto che nella nuova riunione del 15 novembre furono raggiunte importanti intese:

  • - la durata 25ennale del Piano rendeva proporzionate alle esigenze della popolazione - il cui incremento Era stato calcolato in 350 unità all'anno - le nuove aree fabbricabili ottenute dalla prevista apertura di nuove strade;
  • - il nuovo perimetro del centro urbano indicato dalla commissione era da approvarsi;
  • - la disposizione delle nuove aree fabbricabili per ben proporzionata all'individuazione delle strade principali proposte dalla commissione;
  • - un progetto esecutivo avrebbe definito l'ordine dei lavori da eseguire;
  • - i lavori fognari sarebbero stati eseguiti di pari passo con i lavori stradali che sarebbero stati compresi nel costo degli stessi;
  • - sulla proposta di trasferire il Foro Boario in altra area e sulla municipalizzazione della rete del gas e dell'acquedotto si era ritenuto di soprassedere, in quanto le questioni relative alle reti potevano anche essere scorporate dal piano e soprattutto il Foro Boario poteva rimanere dov'era ancora per parecchi anni;
  • - era stata abbandonata l'idea di chiedere ai privati il concorso alla spesa della realizzazione del Piano, ovviamente per la realizzazione delle nuove strade; ma legittima invece era stata considerata l'imposizione di una tassa sulle aree fabbricabili così ricavate.

Ci fu chi chiese che le strade venissero aperte lungo la via principale, chi propose la creazione di una via parallela alla strada principale (via Jesolo), chi formulò osservazioni sul piano finanziario, chi ricordò che anche le strade già esistenti avrebbero dovuto essere mantenute con maggior cura, chi propose la priorità delle strade di collegamento rispetto a quelle di lottizzazione che avrebbero dato solo avvio a speculazioni, chi propose che si realizzassero solo le strade la cui area sarebbe stata concessa gratuitamente dai privati, chi segnalò altre infinite cose. Qualcuno espresse varie perplessità sull'ipotizzato collegamento diretto tra il municipio e la stazione ferroviaria, idea che riprendeva il progetto ottocentesco.
La Commissione propose da ultimo di realizzare una strada che partendo dal macello (via Gorizia) si congiungesse con la strada del Vicolo Nuovo e con il nuovo rettilineo parallelo alla via principale e che lì sorgesse una piazzetta: sarebbe stata la futura Piazza IV Novembre.
Dopo la lunga ed esauriente discussione e le conseguenti dichiarazioni di voto, gli indirizzi per il progetto urbanistico furono approvati con 14 voti a favore e 3 contrari.
L’incertezza sulla esistenza degli elaborati e la mancanza di essi non consente di valutare appieno la bontà dei contenuti di quel nuovo piano, ma molte delle idee che sarebbero rimaste inattuate per l'evento che di lì a poco avrebbe sconvolto la città sarebbero state riprese alla fine della guerra nel piano regolatore della ricostruzione. Tuttavia un attento esame dell'Archivio ha consentito di recuperare un interessante documento che sembra contenere, per gran parte, l'impianto base del piano regolatore del 1911-12.

Potrebbe trattarsi di una bozza di studio, una rilevazione dello stato di fatto con l'inserimento di alcune indicazioni fondamentali, da porre quali elementi di base sostanziali per lo sviluppo del piano regolatore del primo dopoguerra. Si tratta di una copia eliografica di un disegno verosimilmente eseguito a china.

1911

Il 4 settembre cominciava la guerra di Libia contro la Turchia. E vi parteciparono pure soldati di San Donà.

1913

Seconda visita pastorale del vescovo Longhin

Il 15 febbraio 1913 monsignor Giovan Battista Bettamin accoglieva per la seconda volta il vescovo Longhin in visita pastorale a San Donà.

Il 26 ottobre si tennero le prime elezioni a suffragio universale maschile in Italia. Gli elettori improvvisamente erano passati da tre a otto milioni. Votarono in 5.100.165, i socialisti quasi raddoppiarono i loro seggi, ottenendone 79, 73 andarono ai radicali, 17 ai repubblicani, 304 ai liberali. I cattolici, sui quali pesava il non expedit, poterono entrare in parlamento con la formula “cattolici deputati sì, deputati cattolici no”. Non sappiamo da che parte si schierò monsignor Bettamin.

1914

Il 1914 cominciò freddissimo, tanto che la laguna veneziana gelò. Nella notte tra il 15 e il 16 gennaio una tremenda nevicata ricoprì il paese.

La grande guerra

Guerra! Il 28 giugno 1914 uno studente serbo uccise a Sarajevo l’erede al trono imperiale Francesco Ferdinando e la moglie, e l’Austria ne approfittò per lanciare un ultimatum alla Serbia perché entro 48 ore reprimesse tutti i Movimenti contro l’impero; il ministro degli Esteri italiano San Giuliano scrisse agli ambasciatori italiani a Vienna e Berlino che l’Italia non avrebbe avuto obbligo di intervento se l’Austria avesse dichiarato guerra, dato il carattere difensivo della Triplice Alleanza. La Russia si schierò al fianco della Serbia, il 28 luglio l’Austria dichiarò guerra alla Serbia, la Germania lanciò ultimatum alla Russia e alla Francia e dichiarò guerra alla Russia, Vittorio Emanuele III spiegò in un telegramma al Kaiser Guglielmo II i motivi per cui l’Italia si sarebbe adoperata per la pace, facendo gli auguri più cordiali a lui e alla Germania, il Kaiser bollò come menzognere e impudenti tali affermazioni, e dichiarò guerra alla Francia, con l’intenzione di far varcare alle proprie truppe i confini del Belgio, che pure aveva negato il passaggio; all’ultimatum britannico di rispettare la neutralità del Belgio il Cancelliere tedesco dichiarava «I trattati non sono che pezzi di carta», segnando l’ingresso in guerra della Gran Bretagna contro la Germania.

Il 9 agosto, in una lettera “segretissima” al presidente del Consiglio Salandra, il ministro degli Esteri San Giuliano ipotizzava l’ingresso in guerra dell’Italia a fianco dell’Intesa solo “quando si avrà certezza di vittoria”. Questo era un ragionar da intelligenti! Il compenso dell’Italia sarebbe stato il Trentino. Più intelligente ancora sarebbe stato pensare alla pace. Come se presentisse l’arrivo della catastrofe, il 20 agosto morì Papa Pio X: un grave cordoglio colpì la cattolicità intera, e in particolare le diocesi di Treviso e Venezia. Sincero fu il cordoglio che don Natale comunicò durante la messa ai parrocchiani. Il 5 settembre saliva al soglio Benedetto XV, Giacomo della Chiesa. Il 20 settembre gli interventisti democratici dimostrarono a favore della guerra, il giorno dopo, su indirizzo di Mussolini, i socialisti approvarono un manifesto contro la guerra e l’Osservatore romano scriveva: “Noi cattolici siamo per la neutralità e crediamo che sia un delitto contro la Patria quello di gonfiare la portata degli interessi italiani che possono essere danneggiati, solo per spingere il Paese in avventure dalle quali non potrebbe ritrarre che sventure nuove e nuove rovine”. Il generale Cadorna sollecitava il Presidente del consiglio Salandra a rinviare l’entrata in guerra dell’Italia perché l’esercito non era in condizioni favorevoli.

Il 12 settembre Cesare Battisti pronunciava un discorso a Torino, riportato il giorno seguente sulla Stampa: «Il Trentino è baluardo naturale dell’Italia. Il Trentino ha 14 porte verso l’Italia e solo una verso l’Austria. Noi vogliamo murata la porticina e aperte le 14 porte che danno nel giardino d’Europa. Così Trieste. È il porto del Levante. È il porto naturale delle terre liberate dal giogo turco, i nuovi granai d’Europa. D’altra parte se anche Trento e Trieste avessero da perderci che importa? Se anche Trieste dovesse divenire un nido di pescatori, lo divenga pure, ma unita all’Italia...»
Sull’ “Avanti!” Mussolini, che in precedenza si era espresso a favore della neutralità, scriveva a favore dell’intervento in guerra. La direzione socialista respingeva la posizione di Mussolini redigendo un manifesto contro la guerra. Mussolini di dimetteva da direttore dell’ “Avanti!”