STORIA di SAN DONÀ
dal 1961 al 1974
Gli anni di monsignor Dal Bo


1961

San Donà conta 24.445 abitanti: l'esodo dalle campagne, dovuto alla meccanizzazione agricola ha determinato una flessione rispetto al censimento del 1951. Una statistia rivela che nel comune il 64% delle abitazioni è dotato di energia elettrica per l'illuminazione, il 22% dispone di corrente industriale e solo il 13% ha un impianto di riscadamento.

L'arrivo di monsignor Dal Bo


Il vescovo di Treviso monsignor Antonio Mistrorigo accompagna in duomo monsignor Dal Bo

Monsignor Dal Bo non fa in tempo a sistemarsi in canonica che subito gli scoppia tra le mani la grana delle...

Suore ribelli a San Donà e rissa in convento

Il Convento di clausura del Cuore Immacolato di Maria di San Donà stava attraversando momenti difficili in seguito all'allontanamento della badessa, madre Amata, al secolo Maria Pascher, Mentre suor Maria Pascher, era all'estero (dal I luglio era in America a Cleveland in una casa dell’ordine) ricevette l'ordine di non comunicare più con le sue suore. Il 14 settembre la raggiunse un telegramma: le suore del "suo" convento di San Donà avevano ricevuto un ordine perentorio: "o diventare clarisse e aspettare l'arrivo della nuova madre superiora o lasciare il convento.” L’ordine era stato portato alle suore da padre Modesto Bortoli, il religioso che aveva poi insediato la nuova madre superiora, la clarissa suor Clara Sorge, proveniente da Ferrara. L’arrivo di suor Clara Sorge aveva di fatto creato nel gruppo delle suore due fazioni: quella delle suore obbedienti, le quali accettavano la nuova disciplina e le “disobbedienti”, che intendevano mantener fede a Maria Pascher. Le suore avrebbero raccontato in seguito ai giornalisti che ai due gruppi spettavano perfino trattamenti alimentari diverso tant’è che nelle celle delle “preferite” da Clara Sorge venivano rinvenuti cioccolatini, biscotti e addirittura delle bottiglie di Ferro china.
La difficile situazione indusse le suore disobbedienti a richiamare telegraficamente dall’America la Pascher. L’ex badessa, ricevuti i messaggi da San Donà, salì a bordo di un “aviogetto”, come scrissero poi le cronache del tempo, e nella notte tra venerdì 22 e sabato 23 settembre 1961 fu fatta entrare di nascosto nel convento. Qui incontrò e si scontrò con la nuova badessa Clara Sorge e ne nacque una rissa. Attirati dalle urla, tre frati francescani dell’ordine dei cappuccini del convento adiacente intervennero per tentare di sedare gli animi; padre Modesto si ritrovò addirittura ad armeggiare un bastone; successivamente arrivarono anche i carabinieri, un elettricista e un barista; giunge infine anche il neo-arciprete di San Donà, monsignor Dal Bo; solo non si videro i due liocorni. Pare che il brigadiere dei carabinieri tentò addirittura di tradurre il gruppo in caserma ma per fortuna gli animi si placarono e le disobbedienti, chiuse le porte del convento, andarono a dormire. Le obbedienti invece, costrette ad abbandonare il convento, portarono via il necessario per trasferirsi nel vicino orfanotrofio. Nel silenzio della notte si sentì padre Modesto Bortoli urlare: "Restate pure nella vostra casa coi vostri peccati. Sarete scomunicate!" Il giorno successivo le disobbedienti chiesero l’intervento di due medici. Il professor Girardi, direttore dell’ospedale di San Donà di Piave, rilasciò all’ex badessa un certificato dal quale risultava che dal tumulto tre francescane – Elisabetta P. di Padova, Santina B. di San Donà di Piave e Leonizia Z. di Martellago – avevano subito lesioni varie.
La cosa finì ovviamente sui giornali e tutta Italia rise delle "suore di San Donà" Secondo quanto riferito dalle suore obbedienti tutto il diverbio aveva avuto origine dall’espulsione di A. M. di San Donà di Piave che sarebbe stata malmenata dalla vecchia badessa. A. M. sarebbe stata poi riammessa in un convento di Bologna. Ma la sua espulsione avrebbe provocato le tre inchieste cui in seguito fu sottoposta la Pascher.

1962

1963

In via Risorgimento viene ultimata la costruzione del Grattacielo, mentre così si presenta Corso Silvio Trentin.

In 9 ottobre la valanga d'acqua provocata a Longarone dalla frana del Vajont determina un'eccezionale ondata di piena del Piave che, dopo 18 ore, cioè a metà del pomeriggio del 10 ottobre raggiunge San Donà. La popolazione osserva preoccupata l'imponente massa d'acqua che in poche ore ha colmato le golene e soprattutto la quantità dei detriti trasportati dalla corrente.

A Mussetta viene aperta la Scuola Materna SS Angeli Custodi e chiude l'asilo di via Jutificio.

Scompaiono due pezzi della San Donà d'anteguerra con l'abbattimento di vecchie case e la costruzione al loro posto del Condominio Vidussi (in Corso Silvio Trentin). In via Dante viene aperta la casa di soggiorno per anziani "Villa Serena", dotata di 49 posti letto.

1964

Si rinnova il Consiglio Comunale, e risultano eletti:
1 Pilla Franco D.C. Sindaco
2 Pavanello Natale D.C. Ass.
3 Prata Giovanna D.C. Ass.
4 Gusso Giuliano D.C.
5 Tonetto Carlo D.C.
6 Boni Renzo D.C.
7 Giordano Follador D.C.
8 De Pieri Olindo D.C.
9 Carcereri Franco D.C. Ass.
10 Gheller Aurelio D.C.
11 Furlan Giampietro D.C.
12 Poloniato Aldo D.C. Ass.
13 Dal Bo Guido D.C. Ass.
14 Menegaldo Lino D.C.
15 Ferraro Ottavio D.C.
16 Pollon Severino D.C.
17 Botter Alfeo D.C.
18 Merlo Alessandro P.S.I.
19 Pasini Evelino P.S.I.
20 Fanzago Antonio P.S.I.
21 Piazzi Angelo P.S.I.
22 Balliana Antonio P.C.I.
23 Bortoletto Giovanni P.C.I.
24 Borin Alessandro P.C.I.
25 Mardegan Ciriaco P.C.I.
26 Barosco Riccardo P.S.D.I.
27 Barborosso Francesco P.S.D.I.
28 Trame Lorenzo P.L.I.
29 Bertè Giulio P.L.I.
30 Buffolo Giuseppe Virgilio P.S.I.U.P.

Monsignor Luigi Saretta, che da un anno ha lasciato la parrocchia sandonatese per ritirarsi a vita privata, si spegne a Treviso. Clicca QUI per la sua biografia.

Il 6 settembre 1964 si tiene la Commemorazione del sacrificio dei 13 Martiri nel XX° Anniversario della Resistenza.
Questa L'introduzione del neosindaco Dott. Franco Pilla:

A nome della Civica Amministrazione presento queste modeste pagine che si propongono di ricordare i 13 Martiri nel ventennale del Loro sacrificio a tutti coloro che vissero il Secondo Risorgimento e di FarLa conoscere ai giovani, a quelli che sono venuti quando l’alba della Libertà era già risorta sulla nostra Città e sulla Patria.
Il 28 luglio 1944 a Cà Giustinian vennero fucilati per nessun delitto, per nessun tradimento, ma solo per aver scelto la libertà e l’onore: Attilio BASSO, Stefano BERTAZZOLO, Francesco BIANCOTTO, Ernesto D’ANDREA, Giovanni FELISATI, Angelo GRESSANI, Enzo GUSSO, Gustavo LEVORIN, Violante MOMESSO, Venceslao NARDEAN, Amedeo PERUCH, Giovanni TAMAI e Giovanni TRONCO.
Non tutti erano sandonatesi; Gressani di Ceggia, Felisati di Mestre e Levorin di Padova. Ma da allora e per sempre nostri Concittadini, perché accomunati dallo stesso sacrificio.
L’Amministrazione Civica nel 20° anniversario dell’eccidio, che, nelle immani proporzioni, ha toccato il vertice della tragedia vissuta dalla Patria in una delle ore più oscure della Sua storia, ha dedicato la giornata del 6 settembre per onorare, con i 13 Martiri, tutti i Caduti della Resistenza e per celebrare i grandi valori ideali che la Resistenza rappresentò, nella lotta contro la dittatura per la conquista della Libertà.
Non sarebbe patrimonio vero, consapevole, operante, la libertà in Italia se non fosse stata conquistata dal coraggio, dalla fede, dall’eroismo del sacrificio dei suoi figli migliori; da coloro che dimostrarono di credere nella Libertà e nella Democrazia, con il sangue, che ci insegnarono un modo nuovo di fedeltà agli ideali.
Così intendiamo ricordare i 13 Martiri e con Loro tutta la Resistenza Sandonatese.
Si, anche gli altri: Attilio RIZZO, animatore e capo, Medaglia d’Argento al Valor Militare, Giovanni BARON, suo collaboratore, Medaglia di Bronzo al Valor Militare, Primo BIANCOTTO, Carlo VIZZOTTO, Verino ZANUTTO, Luigi GUERRATO, Luigi CAROZZANI, Bruno BALLIANA, Giodo BORTOLAZZI, Flavio STEFANI, Casimiro ZANIN; Antonio FERRO, Erminio ZANE, Esterino DALLA FRANCESCA, Cesira ed Elvira CAROZZANI, la Brigata Eraclea, la Brigata Piave, Reparti dell’Esercito della Libertà, nati ed organizzati nella nostra amatissima terra del Basso Piave, dove mai il fascismo era riuscito a piantare radici profonde.
Per quanto, mentre ancor oggi ci raccogliamo accomunati in un sentimento di immensa pietà e profonda commozione attorno a queste 13 salme sacrificate dall’odio e dalla violenza, eleviamo insieme la nostra protesta di popolo civile contro la tirannide e la dittatura.
Per questo ancora, sentiamo il diritto di pronunciare l’implacabile condanna, poiché conosciamo attraverso il sacrificio dei nostri Martiri quale sia il prezzo che un popolo deve pagare per la conquista della Libertà.
Le celebrazioni del 6 settembre costituiscono per tutti un profondo e grave ammonimento ad essere degni di questo bene inestimabile.

Il Sindaco
Dott. Franco Pilla

San Donà di Piave, 6 settembre 1964

Clicca QUI per un approfondimento sui 13 martiri

1965

La biblioteca civica, neo-costituita, viene aperta al pubblico nel mezzanino del Palazzo della Pretura in Piazza Indipendenza. I Vigili del Fuoco si trasferiscono nella sede attuale, l'ex caserma in via Gorizia viene abbattuta e al suo posto viene eretta la Casa del Mutilato (attuale Casa del Fanciullo).

Viene attuato il primo intervento per la sistemazione di Piazzetta Trevisan con la costruzione del Palazzo INA. La costruzione, ragguardevole per la sua altezza, si rivelerà in futuro un fuori scala.

Arriva il bersagliere

Un imponente corteo accompagna la copia bronzea del Bersagliere di Porta Pia mentre attraversa la città per essere collocato all'imbocco del Ponte della Vittoria dalla parte di Musile.

Era arrivato da Torino sotto la scorta delle staffette in bicicletta...

4 luglio 1965: il ciclone (la tromba d'aria) Domenica 4 luglio 1965 sucesse il finimondo nel Nord Italia: una massa d'aria calda da sud e una d'aria fredda da nord si diedero la mano sopra i cieli della pianura padana, e si scatenò il finimondO: furono tornado a manetta e chicchi di grandine da 700 grammi di peso. Ci furono vittime, feriti, senza tetto - migliardi di danni.
La tromba d'aria (da tutti ricordata come il ciclone) si abbatté anche su San Donà e sui paesi vicini provocando notevoli danni: i guasti più appariscenti furono l'abbattimento delle attrezzature del ponte radio della SIP, in viale della Libertà; la completa distruzione del capannone della Lafert in via Kennedy e la distruzione della grande croce (alta 25 metri) della cappella cimiteriale.


Sopra: il traliccio del ponte radio della SIP;
sotto: Don Nicola con i ragazzi nel campo dell'Oratorio dopo il ciclone.

Clicca QUI per il racconto monografico del CICLONE

Clicca invece QUI per il resoconto del dibattito ala Camera dei Deputati relativo al ciclone di venerdì 9 luglio.

1966



Sulla destra il negozio "Da Flavia" di Flavio Brollo. L'elettrauto in fianco era Urban.
Sulla sinistra si nota il muro della caserma col filo spinato. Nella ex caserma "Tito Acerbo" abitano, più o meno abusivamente, una sessantina di famiglie.
[Oggi vi è il giardino di Piazza De Gasperi.]


Nella notte tra l'8 e il 9 agosto un fulmine abbatte l’angelo del campanile Il fatto è riportato nel Foglietto Parrocchiale di allora:

“Alle ore 23,30 di lunedì 8 agosto, durante un nubifragio, un fulmine di grande potenza si è abbattuto sul nostro campanile scaricandosi regolarmente sul parafulmine, ma dando fuoco alla grande statua dell’Angelo che internamente era di legno. La statua bruciò, lassù, fino alle ore 3,30 del martedì 9 agosto, quando con uno spettacolo veramente impressionante a vedersi, fu visto l’Angelo aprire le ali come per prendere il volo, sfasciarsi in un grande globo di fuoco e precipitare al suolo dalla parte di Piazza Rizzo. Presenti in piazza ad osservare, impotenti ad impedire il disastro, vi erano i Sacerdoti, i Vigili del Fuoco, i Vigili Urbani e tanta gente, tutti trepidanti non sapendo come sarebbe andata a finire.
E così l’angelo è disceso dal suo trono senza recar danno, né al campanile, né al Duomo o agli edifici circostanti. Era lassù da 44 anni (…) Aveva resistito all’infuriare del ciclone del 4 luglio dello scorso anno, non si sarebbe certo pensato di vederlo ora cadere così miseramente per un fulmine dopo chissà quanti ne avrà veduti abbattersi ai suoi piedi!” (F.P. 28/8/1966)

La caduta dell'angelo del campanile sembra un presagio di qualcosa di brutto che sta per accadere. E difatti...

5-6 novembre: l'alluvione Il 2-3 novembre in pianura e in montagna ci furono straordinarie precipitazioni che resero difficoltoso il lavoro delle idrovore, le quali pompavano acqua in canali già in piena.
Il giorno successivo, 4 novembre, nelle prime ore del giorno cominciarono ad arrivare in pianura le acque di piena dei fiumi Piave e Livenza. L’argine del canale Brian ruppe sulla sinistra idrografica, a valle di Stretti; conseguentemente si dovettero bloccare tutte le idrovore che scaricavano l’acqua in questo collettore: così varie zone del territorio cominciarono ad essere sommerse.
Un forte vento di scirocco causò poi una violenta mareggiata, che superò ovunque il cordone dunoso della costa e sommerse il retroterra compreso fra il Porto di Lido e la foce del Livenza, a Porto Santa Margherita.
Durante la notte del 5 novembre il Piave raggiunse il massimo livello di piena. Cominciarono allora le tracimazioni su più punti degli argini, fino alla rottura dei medesimi presso Zenson e Negrisia, con il conseguente allagamento di gran parte del territorio. Il drammatico evento causò grandi pene a moltissime famiglie, costrette all’esodo, ingenti perdite di bestiame, danni agli immobili, alla produzione agricola, alle attrezzature ed impianti. Fortunatamente non si ebbero ben più gravi conseguenze poiché gli argini delimitanti il centro urbano di San Donà ressero la spinta dell’acqua, che arrivò quasi a lambire il loro apice, sommergendo per alcuni metri le golene. La città divenne allora la sede operativa dei soccorsi e per la gestione dell’emergenza.

La gestione dell’emergenza Nel Foglietto Parrocchiale del 20 novembre 1966, l’Arciprete Dal Bo dedicò ampio spazio all’avvenimento:

“(…) Le Autorità locali di ogni genere, i Sacerdoti e volenterosi privati si adoperarono con giornate e notti di intenso lavoro per porre al sicuro le famiglie, e la loro opera, grazie a Dio, è valsa a scongiurare ogni perdita di vite umane.
Gli alluvionati furono fatti affluire nei vari centri di raccolta che, man mano il bisogno si presentava, venivano allestiti (…)
In tutto il Comune coloro che dovettero abbandonare le loro case non furono certamente meno di millecinquecento, senza contare quelli che trovarono alloggio presso parenti.”


Aree interessate dall'alluvione del Piave

Tutti si rimboccarono le mani per offrire, a diverso livello, gli aiuti necessari, nonché l’ospitalità ai sinistrati e soccorritori:

“La prima casa ad aprire le sue porte per accogliere i sinistrati fu il nostro Orfanotrofio, poi l’Asilo S. Luigi, quindi l’Ospedale Civile nella parte dell’Ex Sanatorio e in seguito l’Asilo di Mussetta e le Scuole elementari del Centro, di Via Venezia, della Scuola Differenziale e la Scuola Media R. Onor.”

L’Oratorio Don Bosco offrì il suo contributo alla gestione dell’emergenza, allestendo la mensa per i vari reparti di vigili del fuoco, polizia e militari affluiti a San Donà da altre zone ed alloggiati nelle Scuole di via Carbonera. Già sabato 5 novembre è funzionante nell’Oratorio un centro di raccolta di indumenti, coperte, materassi e altri generi di prima qualità.
In quei drammatici giorni, il clero e i religiosi furono protagonisti nell’assistere e prendere iniziative, coinvolgendo le comunità parrocchiali e i gruppi giovanili. Ad esempio, il salesiano don Ottorino Cariolato mobilitò gli scout dell’Asci San Donà 1°, di cui allora era assistente.
Innumerevoli furono gli episodi di autentico altruismo vissuti dall’«Alta Squadriglia» e dai Rovers del Clan «Caimani del Piave», coordinati da Giovanni Biancotto, scout di vecchia data.

Mons. Dal Bo concludeva il suo articolo del Foglietto Parrocchiale con un augurio:

“Sono state giornate dolorose e le conseguenze, per tante famiglie, si faranno sentire, purtroppo, ancora a lungo. I Cittadini sandonatesi hanno risposto all’appello di solidarietà verso i concittadini alluvionati con una gara di offerte di indumenti, generi alimentari e denaro (…) Che il Signore scampi in avvenire il nostro paese e l’Italia da così gravi calamità e ci siano per tutti giorni sereni.”

Dopo circa una settimana fu ripristinata la normale situazione idrometrica nei tre bacini Cirgogno, Ongaro Superiore (in cui ricade il centro urbano di San Donà) e Ongaro Inferiore.

Il 18 novembre il presidente della Repubblica Giuseppe Saragat portò la solidarieta delle Istituzioni nazionali in un incontro con il sindaco Franco Pilla nella Sala consiliare del Comune di San Donà immortalato da diverse foto.
Solo dopo un mese dall’invasione del mare, riemersero i terreni del litorale e, finalmente, dopo 44 lunghi giorni di allagamento, anche le acque alluvionali del bacino di Caposile sparirono dalla superficie dei campi.

Clicca QUI per la storia dell'alluvione

1967



Via XIII Martiri all'altezza dell'Oratorio Don Bosco: domina la scena l'Hotel Trieste

L'Hotel Trieste era gestito dai Menegaldo.

1968


Il primo marzo 1968 usciva il primo numero de «Il Piave», periodico di informazione a cura dell’Amministrazione comunale di San Donà di Piave. A cadenza quindicinale ogni famiglia riceveva una copia del giornale nella classica fogliazione a quattro facciate dove vi erano le notizie istituzionali riguardanti la città ma dove si potevano trovare anche degli approfondimenti riguardo la cultura, la storia e lo sport.

In uno dei numeri di luglio vi si raccontava dell’inaugurazione del Monastero delle Clarisse in prossimità del cimitero cittadino.


Il Monastero in costruzione (Il Piave, anno I n. 9)

Il Monastero delle Clarisse, un esempio dell’architettura moderna

Un nuovo monastero delle clarisse sorge di fronte al Camposanto, luogo di pace, serenità e solitudine.
È stato inaugurato il 21 luglio u.s. in un tranquillo pomeriggio di primo estate.
Alla presenza del Vescovo Mistrorigo, di Autorità religiose e civili e con una imponente partecipazione di folla, il monastero è stato benedetto, inaugurato e consegnato ufficialmente alle suore clarisse, monache di stretta clausura.
La S. Messa celebrata nel presbiterio ha acquistato un particolare significato, si avvertiva, nell’aria un senso di vero e profondo misticismo.
Al termine del rito c’è stata la visita al monastero. L’edificio si presenta come un qualcosa di estremamente valido in un contesto di architettura moderna; la funzionalità più completa e un buon gusto tipicamente moderno e privo di orpelli, si collegano chiaramente alle idee di Le Corbusier, caposcuola dell’architettura moderna.
L’edificio consta di una parte destinata al culto: il doppio coro per la preghiera notturna e diurna, orientati, uno verso il Tabernacolo e l’altra verso l’altare, servendo rispettivamente la recita notturna e l’altro al servizio Eucaristico; inoltre lo spazio riservato alle due assemblee ruota attorno all’altare in modo da formare un angolo retto.
La parte riservata all’abitazione delle monache conserva gli stessi caratteri di modernità e funzionalità senza però rinunciare alla fedeltà ad una tradizione che traspare anche nei dettagli: le piccole celle, il tavolato per dormire, l’angolo per la preghiera individuale, la nuda croce, la severità degli infissi e delle rifiniture. Originale e a vasto respiro, si presenta il refettorio.
Cala la sera, il monastero è ormai una sagoma nera che si staglia su un cielo ancora luminoso. La gente, a gruppi se ne va, si incrociano gli ultimi commenti, elogi e qualche critica.



1969




1970

Si tengono le elezioni per il Consiglio Comunale e risultano eletti:
1 Gusso Giuliano D.C. Sindaco
2 Pettoello Mario D.C. Ass.
3 Pavanello Natale D.C. Ass.
4 Orlando Massimiliano D.C.
5 Pagotto Santo D.C.
6 Trevisan Carlo D.C. Ass.
7 Toffoli Jolanda D.C.
8 Prata Giovanna D.C. Ass.
9 Donà Evelino D.C.
10 Tonetto Carlo D.C.
11 Tuis Ivano D.C.
12 Boni Renzo D.C.
13 Fumei Giovanni D.C.
14 Pontello Angelo D.C. Ass.
15 Rizzetto Alfeo D.C.
16 Furlan Giampietro D.C.
17 Schiabel Giannino D.C.
18 Pianon Marco D.C.
19 Cacciari Massimo P.C.I.
20 Araldi Williamo P.C.I.
21 Ferrari Armando P.C.I.
22 Bortoletto Giovanni P.C.I.
23 Cibin Antonio P.C.I.
24 Barosco Riccardo P.S.I.
25 Barborosso Francesco P.S.I.
26 Merlo Alessandro P.S.I.
27 Milan Romano P.S..
28 Trame Lorenzo P.L.I.
29 Gobbo Alberto P.S.D.I.
30 Buffolo Giuseppe Virgilio P.S.I.U.P.


15 marzo 1970: morte di Mario Rorato
Desta profonda emozione un episodio di cronaca nera: Mario Rorato, un bambino di 8 anni (è nato nel 1961), viene trovato morto nella golena del Piave (oggi Parco Fluviale): risulta subito evidente che il piccolo è stato seviziato, violentato e ucciso. La città è sconvolta. Serrate indagini giungono in breve a identificare l'assassino in un giovane disadattato del luogo, tale Antonio Pastres, di Marghera, che lo ha circuito e condotto in golena. La morte di Marietto scuote profondamente le coscienze dei sandonatesi che dimostrano il loro dolore partecipando in 25.000 alle esequie.

Viene finalmente riattato il secondo binario della linea ferroviaria che, nel contempo, viene elettrificata.

Sgomberata la ex Caserma "Tito Acerbo"
Viene finalmente attuato lo sgombero delle 90 famiglie che risiedevano nella ex Caserma Tito Acerbo e nelle baracche poste nel cortile