STORIA di SAN DONÀ
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1 Pilla Franco | D.C. Sindaco |
2 Pavanello Natale | D.C. Ass. |
3 Prata Giovanna | D.C. Ass. |
4 Gusso Giuliano | D.C. |
5 Tonetto Carlo | D.C. |
6 Boni Renzo | D.C. |
7 Giordano Follador | D.C. |
8 De Pieri Olindo | D.C. |
9 Carcereri Franco | D.C. Ass. |
10 Gheller Aurelio | D.C. |
11 Furlan Giampietro | D.C. |
12 Poloniato Aldo | D.C. Ass. |
13 Dal Bo Guido | D.C. Ass. |
14 Menegaldo Lino | D.C. |
15 Ferraro Ottavio | D.C. |
16 Pollon Severino | D.C. |
17 Botter Alfeo | D.C. |
18 Merlo Alessandro | P.S.I. |
19 Pasini Evelino | P.S.I. |
20 Fanzago Antonio | P.S.I. |
21 Piazzi Angelo | P.S.I. |
22 Balliana Antonio | P.C.I. |
23 Bortoletto Giovanni | P.C.I. |
24 Borin Alessandro | P.C.I. |
25 Mardegan Ciriaco | P.C.I. |
26 Barosco Riccardo | P.S.D.I. |
27 Barborosso Francesco | P.S.D.I. |
28 Trame Lorenzo | P.L.I. |
29 Bertè Giulio | P.L.I. |
30 Buffolo Giuseppe Virgilio | P.S.I.U.P. |
Monsignor Luigi Saretta, che da un anno ha lasciato la parrocchia sandonatese per ritirarsi a vita privata, si spegne a Treviso. Clicca QUI per la sua biografia.
Il 6 settembre 1964 si tiene la Commemorazione del sacrificio dei 13 Martiri nel XX° Anniversario della Resistenza.
Questa L'introduzione del neosindaco Dott. Franco Pilla:
A nome della Civica Amministrazione presento queste modeste pagine che si propongono di ricordare i 13 Martiri nel ventennale del Loro sacrificio a tutti coloro che vissero il Secondo Risorgimento e di FarLa conoscere ai giovani, a quelli che sono venuti quando l’alba della Libertà era già risorta sulla nostra Città e sulla Patria.
Il 28 luglio 1944 a Cà Giustinian vennero fucilati per nessun delitto, per nessun tradimento, ma solo per aver scelto la libertà e l’onore: Attilio BASSO, Stefano BERTAZZOLO, Francesco BIANCOTTO, Ernesto D’ANDREA, Giovanni FELISATI, Angelo GRESSANI, Enzo GUSSO, Gustavo LEVORIN, Violante MOMESSO, Venceslao NARDEAN, Amedeo PERUCH, Giovanni TAMAI e Giovanni TRONCO.
Non tutti erano sandonatesi; Gressani di Ceggia, Felisati di Mestre e Levorin di Padova. Ma da allora e per sempre nostri Concittadini, perché accomunati dallo stesso sacrificio.
L’Amministrazione Civica nel 20° anniversario dell’eccidio, che, nelle immani proporzioni, ha toccato il vertice della tragedia vissuta dalla Patria in una delle ore più oscure della Sua storia, ha dedicato la giornata del 6 settembre per onorare, con i 13 Martiri, tutti i Caduti della Resistenza e per celebrare i grandi valori ideali che la Resistenza rappresentò, nella lotta contro la dittatura per la conquista della Libertà.
Non sarebbe patrimonio vero, consapevole, operante, la libertà in Italia se non fosse stata conquistata dal coraggio, dalla fede, dall’eroismo del sacrificio dei suoi figli migliori; da coloro che dimostrarono di credere nella Libertà e nella Democrazia, con il sangue, che ci insegnarono un modo nuovo di fedeltà agli ideali.
Così intendiamo ricordare i 13 Martiri e con Loro tutta la Resistenza Sandonatese.
Si, anche gli altri: Attilio RIZZO, animatore e capo, Medaglia d’Argento al Valor Militare, Giovanni BARON, suo collaboratore, Medaglia di Bronzo al Valor Militare, Primo BIANCOTTO, Carlo VIZZOTTO, Verino ZANUTTO, Luigi GUERRATO, Luigi CAROZZANI, Bruno BALLIANA, Giodo BORTOLAZZI, Flavio STEFANI, Casimiro ZANIN; Antonio FERRO, Erminio ZANE, Esterino DALLA FRANCESCA, Cesira ed Elvira CAROZZANI, la Brigata Eraclea, la Brigata Piave, Reparti dell’Esercito della Libertà, nati ed organizzati nella nostra amatissima terra del Basso Piave, dove mai il fascismo era riuscito a piantare radici profonde.
Per quanto, mentre ancor oggi ci raccogliamo accomunati in un sentimento di immensa pietà e profonda commozione attorno a queste 13 salme sacrificate dall’odio e dalla violenza, eleviamo insieme la nostra protesta di popolo civile contro la tirannide e la dittatura.
Per questo ancora, sentiamo il diritto di pronunciare l’implacabile condanna, poiché conosciamo attraverso il sacrificio dei nostri Martiri quale sia il prezzo che un popolo deve pagare per la conquista della Libertà.
Le celebrazioni del 6 settembre costituiscono per tutti un profondo e grave ammonimento ad essere degni di questo bene inestimabile.Il Sindaco
Dott. Franco PillaSan Donà di Piave, 6 settembre 1964
Clicca QUI per un approfondimento sui 13 martiri
Viene attuato il primo intervento per la sistemazione di Piazzetta Trevisan con la costruzione del Palazzo INA. La costruzione, ragguardevole per la sua altezza, si rivelerà in futuro un fuori scala.
Un imponente corteo accompagna la copia bronzea del Bersagliere di Porta Pia mentre attraversa la città per essere
collocato all'imbocco del Ponte della Vittoria dalla parte di Musile.
Era arrivato da Torino sotto la scorta delle staffette in bicicletta...
4 luglio 1965: il ciclone (la tromba d'aria)
Domenica 4 luglio 1965 sucesse il finimondo nel Nord Italia:
una massa d'aria calda da sud e una d'aria fredda da nord
si diedero la mano sopra i cieli della pianura padana, e si scatenò il finimondO: furono
tornado a manetta e chicchi di grandine da 700 grammi di peso.
Ci furono vittime, feriti, senza tetto - migliardi di danni.
La tromba d'aria (da tutti ricordata come il ciclone)
si abbatté anche su San Donà e sui paesi vicini provocando notevoli danni:
i guasti più appariscenti
furono l'abbattimento delle attrezzature del ponte radio della SIP,
in viale della Libertà; la completa
distruzione del capannone della Lafert in via Kennedy
e la distruzione della grande croce (alta 25 metri)
della cappella cimiteriale.
Sopra: il traliccio del ponte radio della SIP;
sotto: Don Nicola con i ragazzi nel campo dell'Oratorio dopo il ciclone.
Clicca QUI per il racconto monografico del CICLONE
Clicca invece QUI per il resoconto del
dibattito ala Camera dei Deputati relativo al ciclone di venerdì 9 luglio.
Sulla destra il negozio "Da Flavia" di Flavio Brollo. L'elettrauto in fianco era Urban.
Sulla sinistra si nota il muro della caserma col filo spinato.
Nella ex caserma "Tito Acerbo" abitano, più o meno abusivamente, una sessantina di famiglie.
[Oggi vi è il giardino di Piazza De Gasperi.]
Nella notte tra l'8 e il 9 agosto un fulmine abbatte l’angelo del campanile Il fatto è riportato nel Foglietto Parrocchiale di allora:
“Alle ore 23,30 di lunedì 8 agosto, durante un nubifragio, un fulmine di grande potenza si è abbattuto sul nostro campanile scaricandosi regolarmente sul parafulmine, ma dando fuoco alla grande statua dell’Angelo che internamente era di legno. La statua bruciò, lassù, fino alle ore 3,30 del martedì 9 agosto, quando con uno spettacolo veramente impressionante a vedersi, fu visto l’Angelo aprire le ali come per prendere il volo, sfasciarsi in un grande globo di fuoco e precipitare al suolo dalla parte di Piazza Rizzo. Presenti in piazza ad osservare, impotenti ad impedire il disastro, vi erano i Sacerdoti, i Vigili del Fuoco, i Vigili Urbani e tanta gente, tutti trepidanti non sapendo come sarebbe andata a finire.
E così l’angelo è disceso dal suo trono senza recar danno, né al campanile, né al Duomo o agli edifici circostanti. Era lassù da 44 anni (…) Aveva resistito all’infuriare del ciclone del 4 luglio dello scorso anno, non si sarebbe certo pensato di vederlo ora cadere così miseramente per un fulmine dopo chissà quanti ne avrà veduti abbattersi ai suoi piedi!” (F.P. 28/8/1966)
La caduta dell'angelo del campanile sembra un presagio di qualcosa di brutto che sta per accadere. E difatti...
5-6 novembre: l'alluvione
Il 2-3 novembre in pianura e in montagna ci furono straordinarie precipitazioni che resero difficoltoso il lavoro delle idrovore,
le quali pompavano acqua in canali già in piena.
Il giorno successivo, 4 novembre, nelle prime ore del giorno cominciarono ad arrivare in pianura le acque di piena
dei fiumi Piave e Livenza. L’argine del canale Brian ruppe sulla sinistra idrografica,
a valle di Stretti; conseguentemente si dovettero bloccare tutte le idrovore che scaricavano l’acqua in questo collettore:
così varie zone del territorio cominciarono ad essere sommerse.
Un forte vento di scirocco causò poi una violenta mareggiata, che superò ovunque il cordone dunoso della costa
e sommerse il retroterra compreso fra il Porto di Lido e la foce del Livenza, a Porto Santa Margherita.
Durante la notte del 5 novembre il Piave raggiunse il massimo livello di piena. Cominciarono allora le tracimazioni su più punti
degli argini, fino alla rottura dei medesimi presso Zenson e Negrisia, con il conseguente allagamento di gran parte del territorio.
Il drammatico evento causò grandi pene a moltissime famiglie, costrette all’esodo, ingenti perdite di bestiame,
danni agli immobili, alla produzione agricola, alle attrezzature ed impianti.
Fortunatamente non si ebbero ben più gravi conseguenze poiché gli argini delimitanti il centro urbano
di San Donà ressero la spinta dell’acqua, che arrivò quasi a lambire il loro apice, sommergendo per alcuni metri le golene.
La città divenne allora la sede operativa dei soccorsi e per la gestione dell’emergenza.
La gestione dell’emergenza
Nel Foglietto Parrocchiale del 20 novembre 1966, l’Arciprete Dal Bo dedicò ampio spazio all’avvenimento:
“(…) Le Autorità locali di ogni genere, i Sacerdoti e volenterosi privati si adoperarono con giornate e notti
di intenso lavoro per porre al sicuro le famiglie, e la loro opera, grazie a Dio, è valsa a scongiurare ogni perdita di vite umane.
Gli alluvionati furono fatti affluire nei vari centri di raccolta che, man mano il bisogno si presentava, venivano allestiti (…)
In tutto il Comune coloro che dovettero abbandonare le loro case non furono certamente meno di millecinquecento, senza contare
quelli che trovarono alloggio presso parenti.”
Aree interessate dall'alluvione del Piave
Tutti si rimboccarono le mani per offrire, a diverso livello, gli aiuti necessari, nonché l’ospitalità ai sinistrati e soccorritori:
“La prima casa ad aprire le sue porte per accogliere i sinistrati fu il nostro Orfanotrofio, poi l’Asilo S. Luigi, quindi l’Ospedale Civile nella parte dell’Ex Sanatorio e in seguito l’Asilo di Mussetta e le Scuole elementari del Centro, di Via Venezia, della Scuola Differenziale e la Scuola Media R. Onor.”
L’Oratorio Don Bosco offrì il suo contributo alla gestione dell’emergenza, allestendo la mensa per i vari reparti di vigili del fuoco,
polizia e militari affluiti a San Donà da altre zone ed alloggiati nelle Scuole di via Carbonera. Già sabato 5 novembre
è funzionante nell’Oratorio un centro di raccolta di indumenti, coperte, materassi e altri generi di prima qualità.
In quei drammatici giorni, il clero e i religiosi furono protagonisti nell’assistere e prendere iniziative, coinvolgendo le comunità parrocchiali
e i gruppi giovanili. Ad esempio, il salesiano don Ottorino Cariolato mobilitò gli scout dell’Asci San Donà 1°, di cui allora era assistente.
Innumerevoli furono gli episodi di autentico altruismo vissuti dall’«Alta Squadriglia» e dai Rovers del Clan «Caimani del Piave», coordinati
da Giovanni Biancotto, scout di vecchia data.
Mons. Dal Bo concludeva il suo articolo del Foglietto Parrocchiale con un augurio:
“Sono state giornate dolorose e le conseguenze, per tante famiglie, si faranno sentire, purtroppo, ancora a lungo. I Cittadini sandonatesi hanno risposto all’appello di solidarietà verso i concittadini alluvionati con una gara di offerte di indumenti, generi alimentari e denaro (…) Che il Signore scampi in avvenire il nostro paese e l’Italia da così gravi calamità e ci siano per tutti giorni sereni.”
Dopo circa una settimana fu ripristinata la normale situazione idrometrica nei tre bacini Cirgogno, Ongaro Superiore (in cui ricade il centro urbano di San Donà) e Ongaro Inferiore.
Il 18 novembre il presidente della Repubblica Giuseppe Saragat portò la solidarieta delle Istituzioni nazionali in un
incontro con il sindaco Franco Pilla nella Sala consiliare del Comune di San Donà immortalato da diverse foto.
Solo dopo un mese dall’invasione del mare, riemersero i terreni del litorale e, finalmente, dopo 44 lunghi giorni di allagamento,
anche le acque alluvionali del bacino di Caposile sparirono dalla superficie dei campi.
Clicca QUI per la storia dell'alluvione
Via XIII Martiri all'altezza dell'Oratorio Don Bosco: domina la scena l'Hotel Trieste
L'Hotel Trieste era gestito dai Menegaldo.
In uno dei numeri di luglio vi si raccontava dell’inaugurazione del Monastero delle Clarisse in prossimità del cimitero cittadino.
Il Monastero delle Clarisse, un esempio dell’architettura moderna
Un nuovo monastero delle clarisse sorge di fronte al Camposanto, luogo di pace, serenità e solitudine.
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Si tengono le elezioni per il Consiglio Comunale e risultano eletti:
1 Gusso Giuliano | D.C. Sindaco |
2 Pettoello Mario | D.C. Ass. |
3 Pavanello Natale | D.C. Ass. |
4 Orlando Massimiliano | D.C. |
5 Pagotto Santo | D.C. |
6 Trevisan Carlo | D.C. Ass. |
7 Toffoli Jolanda | D.C. |
8 Prata Giovanna | D.C. Ass. |
9 Donà Evelino | D.C. |
10 Tonetto Carlo | D.C. |
11 Tuis Ivano | D.C. |
12 Boni Renzo | D.C. |
13 Fumei Giovanni | D.C. |
14 Pontello Angelo | D.C. Ass. |
15 Rizzetto Alfeo | D.C. |
16 Furlan Giampietro | D.C. |
17 Schiabel Giannino | D.C. |
18 Pianon Marco | D.C. |
19 Cacciari Massimo | P.C.I. |
20 Araldi Williamo | P.C.I. |
21 Ferrari Armando | P.C.I. |
22 Bortoletto Giovanni | P.C.I. |
23 Cibin Antonio | P.C.I. |
24 Barosco Riccardo | P.S.I. |
25 Barborosso Francesco | P.S.I. |
26 Merlo Alessandro | P.S.I. |
27 Milan Romano | P.S.. |
28 Trame Lorenzo | P.L.I. |
29 Gobbo Alberto | P.S.D.I. |
30 Buffolo Giuseppe Virgilio | P.S.I.U.P. |
Viene finalmente riattato il secondo binario della linea ferroviaria che, nel contempo, viene elettrificata.
Sgomberata la ex Caserma "Tito Acerbo"
Viene finalmente attuato lo sgombero delle 90 famiglie che risiedevano nella ex Caserma Tito Acerbo
e nelle baracche poste nel cortile